Omelia in occasione della Veglia di Pentecoste

19-05-2018

Carissimi Giovani,

questa sera vegliamo insieme in attesa del dono dello Spirito Santo, come gli Apostoli con la Vergine Maria nel cenacolo a Gerusalemme.

Proviamo a chiederci: gli Apostoli come hanno vissuto quell’attesa?

Sicuramente, come ci dicono le scritture erano impauriti e scoraggiati, gli Atti degli Apostoli dicono: “si trovavano tutti insieme nello stesso luogo…”.

Erano una comunità, ma mancava lo Spirito, senza lo Spirito prevale la paura, l’angoscia, la tristezza, la stessa che avevano provato i discepoli di Emmaus tornando da Gerusalemme e a Gesù che li interrogava gli risposero “col volto triste”…

Cari amici, quali sono le paure che attanagliano la vostra vita e quella di tanti vostri coetanei? Che cosa nella vita vi rende tristi?

La paura del futuro, di un lavoro che non si trova, la paura di rimanere soli senza nessuno con cui condividere i propri affetti, la paura di una società incapace di rispondere ai bisogni di oggi, incapace di ascoltare le nuove generazioni… le paure e le incertezze non mancano, come non mancavano agli Apostoli nel cenacolo o ai discepoli di Emmaus lungo la via del loro cammino.

Lo Spirito Santo viene per liberarci da tutte queste catene, Lui è come un fuoco vivo e possiamo invocarlo con le parole di questo canto: “Tu sei vivo fuoco che trionfi a sera, del mio giorno sei la brace.
Ecco, già rosseggia, di bellezza eterna questo giorno che si spegne. Se con te, come vuoi, l’anima riscaldo, sono nella pace
”.

Le paure svaniscono alla presenza dello Spirito. “Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano”.

Lo Spirito riempie il vuoto della nostra vita, perché Lui è il Signore e dà la vita come professiamo nel Credo.

La vicenda dei discepoli di Emmaus, mette in risalto questa forza dello Spirito nella presenza stessa di Gesù risorto.

Gesù, attraverso il suo Spirito si fa compagno di viaggio. Non essere triste, sfiduciato, rassegnato, “datti una mossa!”, il Signore cammina con te, cammina con noi.

Apriamo i nostri occhi, la nostra vita allo Spirito, e ospitiamolo in noi, facciamo in modo che lo Spirito Santo che abbiamo ricevuto nel Battesimo e nella Cresima e che continuamente invochiamo sia dentro di noi e operi con la sua forza e ci doni quello stesso slancio che diede agli Apostoli e ai discepoli di Emmaus per farsi testimoni nella vita e nel mondo.

Cari Giovani, come gli Apostoli e come i Discepoli di Emmaus dobbiamo “partire senza indugio”, dobbiamo uscire, andare, oserei dire correre per le vie della vita corroborati dalla forza dello Spirito.

Concludo con quanto ho scritto nella mia lettera pastorale a riguardo della missione, affinchè possiate trovare un aiuto a vivere lo stesso slancio dei discepoli con gioia piena nel cuore.

Dopo il riconoscimento del Risorto, pieni di gioia, i due discepoli corrono “senza indugio” (v. 33) a raccontare l’accaduto. La notizia è urgente e la gioia li fa correre. È una notizia che non si può tenere per sé. Ma il Risorto li ha preceduti ed è già apparso a Pietro. È il momento della missione: il Cristo Risorto si è consegnato ai discepoli ed essi ne divengono testimoni (cf. Lc 24,48). Le notizie di cui gli undici sono testimoni sono gli eventi della vita di Gesù, in particolare la sua Croce e la sua risurrezione. Sono realtà che gli undici hanno personalmente visto, in grado perciò di testimoniarle. Non lo hanno fatto nel processo a Gesù, perché sopraffatti dalla paura e dal dubbio. Ma possono farlo ora, nel processo tra Cristo e il mondo. La testimonianza esige una piena disponibilità al dono di sé nella missione, fino al martirio”.

 

Carissimi questa sera vedo in ciascuno di voi, questa testimonianza fino al martirio, con Gesù presente e con la presenza di Maria, Madre della Chiesa, che non ha mai abbandonato gli Apostoli ed era con loro, nel cenacolo, il giorno di Pentecoste.

Vieni Santo Spirito! Manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Amen.