Omelia in occasione della S. Messa con il mondo della disabilità

07-04-2018

Carissimi amici, lasciate che vi chiami così, ben ritrovati e con tutto il cuore vi dico Buona Pasqua!

Questo incontro ancora nel giorno di Pasqua (siamo nell’Ottava pasquale) vuole essere un modo concreto per vivere insieme la gioia del Cristo Risorto e vivo in mezzo a noi.

È passato un anno da quando ci siamo incontrati tutti insieme in questo duomo, ma durante l’anno ho avuto modo di visitare alcuni di voi nelle vostre case dove vivete in diversi luoghi della diocesi, così che questo nostro incontro e scambio di amicizia non si interrompi.

Oggi il Vangelo, come avete ascoltato, ci presente la figura di San Tommaso, il quale se non vede e non tocca non crede. Io penso che tutti noi lo comprendiamo San Tommaso, forse un po’ ci rappresenta tutti, anche per noi non è facile credere, quante volte siamo stati sommersi dal dubbio e vorremmo anche noi delle prove per credere.

Gesù accontenta Tommaso, ma lo riprende dicendogli: “… non essere incredulo, ma credente!” e poi ha aggiunto: “ beati quelli che non hanno visto ma hanno creduto!”.

E sì, cari amici, la fede si fonda sull’amore e non sulle prove! A nessuno di noi è mai venuto in mente di chiedere le prove alle persone di cui ci fidiamo, semplicemente perché gli vogliamo bene.

Anche per Gesù è così, noi crediamo in Lui perché lo amiamo e sappiamo che Lui ci ama, nonostante i nostri limiti, ma così per come siamo, con i nostri talenti e le nostre fragilità.

Papa Francesco ebbe a dire: “ La felicità che ognuno desidera, d’altronde, può esprimersi in tanti modi e può essere raggiunta solo se siamo capaci di amare. Questa è la strada. E’ sempre una questione di amore, non c’è un’altra strada. La vera sfida è quella di chi ama di più. Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore anche solo per un sorriso! La terapia del sorriso. Allora la fragilità stessa può diventare conforto e sostegno alla nostra solitudine. Gesù, nella sua passione, ci ha amato sino alla fine” (cfr Gv 13,1).

Siamo qui per celebrare l’amore di Gesù che cammina con noi, come ho scritto nella mia lettera pastorale, ma anche l’amore e l’amicizia dei vostri genitori e famigliari, di quanti si prendono cura di voi, delle comunità in cui siete inseriti, della Chiesa e vi assicuro del Vescovo.

Proprio perché vi voglio bene, mi pongo delle domande: perché le persone disabili fanno ancora così fatica a sentirsi coinvolte nella società e nella Chiesa? Perché tanti studenti disabili fanno fatica ad integrarsi nella scuola a causa dei continui tagli agli insegnanti di sostegno, rischiando di negare il diritto allo studio? E i molti disabili adulti che non riescono ad essere inseriti nel mondo del lavoro?

Le barriere che ancora oggi permangono sono quelle mentali. Se da una parte lo Stato interviene con leggi specifiche, dall’altra la società non è ancora pronta ad accettarle del tutto e a metterle in atto.

La persona “abile” deve abituarsi a dividere il proprio spazio e la propria aria con chi abile non è; non deve temere di sedersi al suo fianco e di parlargli, magari intorno a una tavola imbandita o dinanzi ad un meraviglioso tramonto, perché le idee, i sentimenti e l’energia di ogni individuo non sono soggetti a limiti e risiedono in ogni essere umano. Soltanto dopo aver superato concretamente e radicalmente il problema dell’integrazione si potrà parlare di una reale svolta culturale.

Insieme alle leggi, quindi, è necessario che scendano in campo la scuola, i mass media e la sensibilità di quelle famiglie che, avendo preso coscienza dell’importanza del loro ruolo educativo, formino figli più consapevoli. Solo così chi vi vuole bene potrà essere tranquillo e saprà che il “dopo di noi” non sarà più un problema.

Carissimi la gioia di Pasqua vi riempia il cuore e vi dia tanta serenità affinchè possiate gridare al mondo la bellezza infinita della vita umana donataci da Dio.