Omelia in occasione della Giornata di fraternità sacerdotale

05-06-2018

Carissimi confratelli Vescovi, sacerdoti e diaconi del nostro presbiterio della Chiesa di Alba, è con gioia che celebriamo questa Eucarestia tutti insieme in questo giorno di fraternità sacerdotale a pochi giorni dalla Solennità del Sacro Cuore di Gesù, in cui la Chiesa celebra la Giornata di Santificazione del Clero.

Siamo venuti insieme pellegrini in questo Santuario dedicato alla Vergine del Buon Consiglio, in questo anno giubilare per i duecento anni del Santuario e umilmente siamo entrati dalla porta della misericordia, riconoscendoci bisognosi del perdono di Dio.

Il Papa nella sua Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate richiama tutti, come aveva già fatto il Concilio, alla santità e scrive: “Quello che vorrei ricordare con questa esortazione è soprattutto la chiamata alla santità che il Signore fa a ciascuno di noi, quella chiamata che rivolge anche a te: “Siate santi, perché io sono santo”. Il Concilio Vaticano II lo ha messo in risalto con forza: “Muniti di salutari mezzi di una tale abbondanza e di una tale grandezza, tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste”.

Essere Vescovi e sacerdoti santi è un desiderio che dobbiamo coltivare e  portare dentro di noi e che trova la sua radice nel Battesimo e nel sacramento dell’Ordine.

La santità che siamo chiamati a vivere certamente non è di tipo devozionistico e neppure spettacolare di chi compie chissà quali imprese straordinarie, ma è quella della vita semplice di chi con gioia serve il Signore e il popolo che gli è stato affidato.

La storia, anche recente del nostro presbiterio ci presenta tante figure di Vescovi e sacerdoti che la Chiesa ha ufficialmente riconosciuto santi e innalzato agli onori degli altari come il Beato Giacomo Alberione, il Beato Timoteo Giaccardo, ma penso a tanti altri come Mons. Piero Rossano, Mons. Diego Bona, nel cui paese natale ci troviamo, il Can. Francesco Chiesa, don Natale Bussi, don Agostino Vigolungo, don Paolo Tablino e ai tanti “don nessuno” che hanno servito santamente con il loro ministero le comunità che gli erano affidate.

Chiedo al Signore e alla Vergine, Madre dei Sacerdoti, che ci aiuti a proseguire sulla scia di questi nostri predecessori affinché anche noi pellegrini possiamo vivere la santità di oggi.

Facciamo nostro l’invito che ci ha rivolto San Pietro nella prima lettura: “Carissimi, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio. Crescete invece nella Grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo”.

Questo cammino alla santità ha la sua sorgente nella chiamata del Signore. Non possiamo dimenticare che il fascino della vocazione che ci ha attratti, l’entusiasmo con il quale abbiamo scelto di camminare nella via della speciale consacrazione al Signore e i prodigi che vediamo nella nostra vita presbiterale hanno la loro origine nell’incrocio di sguardi che c’è stato tra Dio e ciascuno di noi.

In un’omelia a S. Marta Papa Francesco ebbe a dire: “Tutti noi abbiamo avuto qualche incontro con Lui e ciascuno di noi può fare la propria memoria spirituale e ritornare alla gioia di quel momento nel quale ho sentito che Gesù mi guardava”.

Solo ritornando a quel momento sorgivo e rivivendo la gioia del discepolato e lo zelo del ministero presbiterale mi può aiutare a superare situazioni di fatica, di stanchezza e di scoraggiamento.

Cari sacerdoti, per diventare santi siamo chiamati a salire sul monte, fare ogni giorno l’esperienza degli apostoli sul Tabor, ogni giorno dobbiamo nutrirci dell’amore di Dio attraverso un incontro personale col Signore, nella celebrazione eucaristica, nella fedeltà alla liturgia delle ore, nell’adorazione del Santissimo sacramento e nella preghiera mariana. Solo una vita spirituale solida potrà sostenere il dono prezioso del sacerdozio che abbiamo ricevuto e che custodiamo in un vaso di creta fragile che è la nostra umanità.

Non siamo e non possiamo essere preti da soli, se da una parte è vero che non siamo religiosi e la vita comune può essere per alcuni un problema, è anche vero che non siamo monaci eremiti.

In questo tempo ogni forma di fraternità è da preferirsi e da incoraggiare. Sogno qua e là, un domani, sparse nella nostra diocesi dei piccoli presbiteri in cui due o tre preti vivano insieme fraternamente indipendentemente dall’essere coparroci, ma che si sorreggano nella vita comune, nella preghiera e nel sostegno reciproco, nel confronto, andando poi ciascuno a svolgere il proprio ministero là dove è stato inviato dal Vescovo.

Dobbiamo uscire da ogni forma di individualismo certi che la fatica dello stare insieme è anch’essa una via alla santità.

A questo proposito vorrei ricordare quanto i Vescovi italiani hanno scritto nel documento Lievito di Fraternità: “Non si è presbiteri senza o a prescindere dal Vescovo e dai confratelli: il ministero è una realtà intimamente collegiale, per cui la fraternità è il fondamento che dà valore e significato; in quanto tale, non può essere considerata semplicemente una dimensione accessoria, da coltivare in qualche occasione straordinaria, ma necessita di tempi, metodi e luoghi”.

Carissimi intendo incoraggiare tutti per il prezioso servizio che svolgete nelle vostre comunità parrocchiali, raccomandandovi di continuare a curare quella pastorale feriale e quotidiana, luogo in cui far crescere la nostra santità, di cui ho parlato nella lettera pastorale Gesù cammina con noi: “Quest’attività pastorale “da tutti i giorni” e non straordinaria o da “eventi”, che normalmente già avviene nelle nostre comunità, non solo va confermata ma farà sì che la gente percepisca il presbitero non solamente come colui che presiede le comunità che gli sono state affidate formando un’unica unità pastorale, ma anche come il pastore che conosce “l’odore delle pecore” e si fa discepolo-missionario fra le case in cerca di tutti e facendo in modo che tutti si sentano accolti”.

Il prossimo anno pastorale a Dio piacendo avremo alcune Ordinazioni diaconali e presbiterali, sono certo che questi nostri fratelli saranno accolti con gioia nel nostro presbiterio e daranno un po’ di linfa nuova alla nostra pastorale, nel contempo chiediamo al Signore che chiami altri giovani a scegliere la via del sacerdozio, come via alla santità per la loro vita e vi invito a dedicare tempo all’ascolto e al discernimento dei giovani affinché possano accogliere questo dono della chiamata al diaconato e al presbiterato.

In conclusione prendiamo in prestito le parole del Magnificat di Maria per ringraziare il Signore  per tutti coloro che quest’anno compiono uno speciale anniversario di ordinazione, in particolare per Mons. Sebastiano Dho nel suo sessantesimo di Ordinazione sacerdotale e per tutti gli altri confratelli che ricordano i loro giubilei, al ringraziamento uniamo la riconoscenza per la testimonianza e l’impegno profuso nel ministero in tanti anni di servizio autentico.

A te Madre del Buon Consiglio affido i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose della nostra Chiesa affinché sappiano farsi dispensatori fedeli dell’amore misericordioso di Dio con la loro testimonianza di vita”. Amen