Omelia in occasione del XX° ann. del coro parrocchiale del Duomo “La Schola”

03-02-2018

Carissimi fratelli e sorelle,

questa sera in questa S. Messa Vespertina della domenica vogliamo in modo particolare stringerci intorno al coro parrocchiale che celebra i suoi vent’anni dalla sua formazione. A condividere questo momento sono presenti diversi sacerdoti e amici che in questi anni hanno avuto la possibilità di collaborare o di accompagnare La Schola nel suo servizio liturgico per rendere le celebrazioni un vero servizio a Dio e una preghiera gradita al Signore.

Sono convinto che le parole di San Paolo alla comunità di Corinto, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, possano dare un significato profondo e vero al servizio liturgico che svolge un coro durante le celebrazioni. S. Paolo scrive: “Fratelli, annunciare il vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor. 9,16).

Cantare le lodi del Signore, accompagnando la preghiera della Chiesa e della comunità radunata in assemblea è annunciare la gioia del Vangelo, è un vero servizio di evangelizzazione come tanti altri ministeri vissuti all’interno delle nostre comunità.

E in questo ventennale della Schola ci accompagna S. Agostino che nella liturgia dell’ufficio delle letture di S Cecilia, patrona della musica, ci dona alcune espressioni molto appropriate. S. Agostino suggerisce che è necessario cantare con arte, con giubilo e con un canto nuovo. Faccio mie queste espressioni per un augurio a voi tutti:

Cantate con arte (cfr. Sal 32,3). Ciascuno si domanda come cantare a Dio. Devi cantare a lui, ma non in modo stonato. Non vuole che siano offese le sue orecchie. Cantate con arte o fratelli. Quando davanti a un buon intenditore di musica, ti si dice: Canta in modo da piacergli; tu, privo di preparazione nell’arte musicale, vieni preso da trepidazione nel cantare, perché non vorresti dispiacere al musicista; infatti quello che sfugge al profano, viene notato e criticato da un intenditore dell’arte. Orbene, chi oserebbe presentarsi a cantare con arte a Dio, che sa ben giudicare il cantore, che esamina con esattezza ogni cosa e che tutto ascolta così bene?”.

Cantate con giubilo. Cantare con arte a Dio consiste proprio in questo: Cantare nel giubilo. Che cosa significa cantare nel giubilo? Comprendere e non sapere spiegare a parole ciò che si canta col cuore. Coloro infatti che cantano sia durante la mietitura, sia durante la vendemmia, sia durante qualche lavoro intenso, prima avvertono il piacere, suscitato dalle parole dei canti, ma, in seguito, quando l’emozione cresce, sentono che non possono più esprimerla in parole e allora si sfogano in sola modulazione di note. Questo canto lo chiamiamo “giubilo”. Il giubilo è quella melodia, con la quale il cuore effonde quanto non gli riesce di esprimere a parole. E verso chi è più giusto elevare questo canto di giubilo, se non verso l’ineffabile Dio? Infatti è ineffabile colui che tu non puoi esprimere. E se non lo puoi esprimere, e d’altra parte non puoi tacerlo, che cosa ti rimane se non “giubilare”? Allora il cuore si aprirà alla gioia, senza servirsi di parole: e la grandezza straordinaria della gioia non conoscerà i limiti delle sillabe. Cantate a lui con arte nel giubilo” (cfr. Sal 32,3).

Cantate un canto nuovo. Continua S. Agostino: “Cantate a lui un canto nuovo!” (Sal 32,2. 3). Cioè: “Spogliatevi di ciò che è vecchio; ormai avete conosciuto il nuovo canto. Un uomo nuovo, un testamento nuovo, un canto nuovo. Il nuovo canto non si addice ad uomini vecchi e non lo imparano se non gli uomini nuovi, uomini rinnovati, per mezzo della grazia, da ciò che era vecchio, uomini appartenenti ormai al nuovo testamento, che è il regno dei cieli. Tutto il nostro amore ad esso sospira e canta un canto nuovo. Elevi però un canto nuovo non con la lingua ma con la vita”.

L’augurio e la preghiera che eleviamo al Signore è che voi carissimi giovani della Schola, che ci accompagnate questa sera, e di per se tutte le corali della nostra diocesi, non cantino tanto per sé, o particolarmente per una propria soddisfazione personale, ma possiate cantare sempre con arte, con giubilo e con cuore nuovo anche per il Signore, trasformando il vostro canto in testimonianza gioiosa di fede, in stile di vita capace di amore, di perdono e di gioia come avete scelto di fare attraverso le donazioni che, mediante Patrizia Manzone, volete far giungere alla missione di Marsabit in Kenya che fra qualche giorno mi appresto a visitare.

Vi affido alla Madre celeste, che ha cantato il Magnificat, affinchè vi accompagni nel vostro servizio alla Chiesa, Amen.