Omelia in occasione della Festività di Tutti i Santi

01-11-2019

La celebrazione eucaristica della solennità di tutti i Santi si apre con l’esortazione “Rallegriamoci tutti nel Signore”.

La liturgia invita a condividere il gaudio celeste dei Santi e ad assaporarne la gioia. I Santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso la quale la Chiesa esorta oggi a levare lo sguardo.

In tale moltitudine non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina.

La festa dei santi è la festa del nostro destino, la festa della nostra chiamata. È una bella festa in cui celebriamo la fedeltà di Dio nei confronti degli uomini e quella degli uomini verso Dio; da questo felice connubio nasce e sgorga la santità.

Festeggiare tutti i Santi significa guardare a coloro che già posseggono l’eredità della gloria dell’Eterno. I santi contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione.

La Chiesa ci invita a levare in alto lo sguardo fino a raggiungere il punto in cui si intravede la Gerusalemme celeste, dove “l’assemblea dei nostri fratelli glorifica in eterno” il Signore (cf. Prefazio della Solennità).

Tutta la storia della Chiesa è segnata da questi uomini e donne che con la loro fede, con la loro carità, con la loro vita sono stati dei fari per tante generazioni, e lo sono anche per noi. I Santi manifestano in diversi modi la presenza potente e trasformante del Risorto; hanno lasciato che Cristo afferrasse così pienamente la loro vita da poter affermare con san Paolo “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

La Solennità di Tutti i Santi apre uno spiraglio sulla città del cielo, la patria comune verso cui siamo incamminati e che tanti nostri fratelli hanno già raggiunto; la casa paterna dove si celebra in eterno la festa di Dio con i suoi amici (Ap 7,9-14).

All’inizio della Preghiera Eucaristica contempleremo la gloria dei Santi proclamando che essi ci sono stati dati “come amici e modelli di vita”. Spronati dal loro esempio, “verso la patria comune noi, pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il nostro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa”.

Sono i Santi che la Chiesa oggi ricorda, senza necessità di farne i nomi. I santi sono uomini e donne che hanno cercato e amato intensamente Dio; persone, delle quali, forse, non conosciamo nulla, ma che nel lungo corso dei secoli hanno accolto la parola di Cristo che disse: “Vi ho dato l’esempio, perché, come ho fatto io facciate anche voi.” (Gv 13,15). E ne hanno fatto il loro programma di vita, con una esistenza profondamente radicata in Lui, il Figlio di Dio, il Redentore, che amarono con tutte le loro forze, rendendolo presente tra gli uomini.

Il discorso della montagna (Mt 5-7è una delle pagine più rivelative la verità cristiana e anche tra le più coinvolgenti di tutto il Nuovo Testamento in quanto traccia la via del discepolo sulle orme del Regno.

Il vangelo delle Beatitudini costituisce la prima parte del “discorso della montagna”. Il monte è il luogo della rivelazione sia per la trasfigurazione gloriosa di Gesù sia per la sua parola. Il monte ha, inoltre, un significato più specifico: esso vuol ricordarci il Sinai, il monte della promulgazione della legge e della conclusione dell’alleanza.

Le Beatitudini sono certamente la sintesi più significativa di tutto il “lieto annuncio” di Gesù e la dichiarazione più espressiva della novità cristiana e ricordano con forza qual è la logica di Dio. Le Beatitudini sono il cuore del vangelo del Regno. Le Beatitudini sono il codice della santità, la vera carta di identità della santità cristiana. Le beatitudini non possono essere lette solo come un testo poetico o dai forti contenuti morali, o ancora come un brano sapienziale: esse sono buona notizia, Vangelo, in quanto atteggiamenti vissuti radicalmente da Gesù e, come tali, devono diventare lo stile di vita del cristiano.

 Siamo dunque chiamati ad accoglierle quale interrogativo e pungolo che mette in questione la nostra fede, la nostra sequela del Signore Gesù e, più precisamente, la nostra gioia e felicità nel vivere il Vangelo. Sì, perché le beatitudini riguardano il rapporto tra fede e felicità!

Per nove volte Gesù proclama beati quanti vivono alcune precise situazioni in grado di facilitare il loro cammino verso la piena comunione con Dio. Egli rivela che la beatitudine non viene da condizioni esterne, non viene dal benessere, dal piacere, dal successo, dalla ricchezza; essa nasce invece da precisi comportamenti destinatari di una promessa di felicità da parte di Dio, comportamenti che vanno assunti nel cuore e manifestati nella vita quotidiana.

La novità che Gesù immette nelle Beatitudini è Lui stesso: è Lui che partecipa della debolezza umana, compatisce la fragilità e la salva amandola. Egli è il povero, il mite, l’operatore di pace, il perseguitato per la giustizia. Le Beatitudini sono un programma di vita sicuramente difficile eppure hanno un grande fascino. Esse indicano la strada della libertà mediante il distacco dai beni, mediante l’esercizio della misericordia e della mitezza, mediante la solidarietà all’uomo, mediante l’amore e la convivenza nella pace. Il “beati!” che Gesù ripete nove volte sono, quelli che vivono fin d’ora la felicità, sono i miti, i pacifici, i puri, quelli che vivono con intensità e dono la propria vita, come i santi.

Le Beatitudini mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa.

Parlando della santità, è necessario precisare un fatto: la canonizzazione di un testimone della fede non aggiunge nulla alla sua vita; nulla che non fosse già parte della sua vicenda terrena. La Chiesa, infatti, non costituisce i Santi; la Chiesa li riconosce conformi alla santità di Cristo incarnata e manifestata nei giorni della loro vita mortale.

Oggi veneriamo proprio questa innumerevole comunità di Tutti i Santi, i quali, attraverso i loro differenti percorsi di vita, ci indicano diverse strade di santità, accomunate da un unico denominatore: seguire Cristo e conformarsi a Lui, fine ultimo della nostra vicenda umana. Tutti gli stati di vita, infatti, possono diventare, con l’azione della grazia e con l’impegno e la perseveranza di ciascuno, vie di santificazione.

Ci affidiamo alla protezione di tutti i Santi e particolarmente dei nostri santi Protettori perché si facciano interpreti delle nostre attese e desideri di santità presso il trono dell’Altissimo.

L’esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l’unica vera causa di tristezza e di infelicità per l’uomo è vivere lontano da Lui.

Affidiamo la santità della nostra vita e del nostro mondo anche alla Regina di tutti i Santi, la Vergine Maria, che «brilla innanzi al popolo di Dio peregrinante come segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando verrà il giorno del Signore», e «con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo ai pericoli e affanni del mondo, fino a che non siano condotti alla patria beata» (LG 68, 62). Amen.