Omelia in occasione del XX° di Mons Oreste Marengo

28-07-2018

Alla fine del grande Giubileo e all’inizio del Terzo Millennio, il papa San Giovanni Paolo II, nell’indicare alla Chiesa alcune priorità pastorali per ripartire da Cristo, invitava tutti alla santità, ricordando che “come il Concilio stesso ha spiegato, questo ideale di perfezione non va equivocato come se implicasse una sorta di vita straordinaria, praticabile solo da alcuni. Ringrazio il Signore – prosegue il papa – che mi ha concesso di beatificare e canonizzare in questi anni tanti cristiani… È ora di riproporre a tutti con convinzione questa ‘misura alta’ della vita cristiana ordinaria” (NMI,31).
Carissimi tutti, vi invito a vivere così questo significativo e provvidenziale momento di ricordo del Servo di Dio Mons. Oreste Marengo a vent’anni dalla sua morte, come un dono di grazia e di riconoscimento per la nostra diocesi di Alba che si è rivelata e continua a manifestarsi nella fede e nella vita di tanti uomini e donne, sacerdoti e diaconi, consacrati e consacrate, e fedeli laici che nella quotidianità delle condizioni della loro vita e di
ministero, proclamano l’universale vocazione alla santità di tutto il Popolo di Dio (cfr. cap. 5 della Lumen Gentium).
Fede che si traduce in opere concrete di amore e di carità verso tutti, in ricchezza di proposte di annuncio del Vangelo, in istituzioni educative e formative alla vita cristiana e alla vitalità delle nostre comunità parrocchiali.
Anche Papa Francesco ci invita sia con l’Esortazione Apostolica Gaudete et Exultate e sia quando dice che dobbiamo “imparare dai santi che ci hanno preceduto ed hanno affrontato le difficoltà proprie della loro epoca” (EG, 263). Come nelle altre Chiese, la nostra di Alba nel suo calendario liturgico annovera santi e beati locali: San Teobaldo, la beata Margherita di Savoia, i beati Alberione e Giaccardo, il beato Girotti, e recentemente il beato Bordino. In questi anni è cresciuto, però, il desiderio di avviare il cammino di riconoscimento di qualche altra figura di ‘santo di casa nostra’. Poco distante da noi a Benevello, si sta anche ricordando il centenario dalla morte del Venerabile Maggiorino Vigolungo e qui a Diano dove ci troviamo spicca la figura di Mons. Oreste Marengo, vescovo salesiano, missionario e apostolo in India del nord, fondatore di tre diocesi.
Non è questo il momento di presentare la sua vita, poliedrica e ricca di avvenimenti, né il suo pensiero e i suoi scritti. Al riguardo abbiamo testimonianze e opere esaustive e qualificate. Né è il tempo di tessere le lodi delle virtù e dello zelo sacerdotale e missionario del Servo di Dio, anticipando le tappe, le testimonianze, l’analisi delle sue opere, del suo pensiero e delle virtù: compito che spetta al postulatore generale don Pierluigi Cameroni, al tribunale, ai teologi censori e alla commissione storica per promuoverne la causa.
Desidero solamente soffermarmi sull’aspetto che ritengo qualificante la vita di Mons Marengo e che per me è il punto discriminante per iniziare il processo di Beatificazione: il suo essere missionario. Mi piace poterlo ricordare missionario proprio da una diocesi che è senza
frontiere come la nostra grazie ai fidei donum siamo presenti in Brasile, Kenia e con le nostre suore Luigine in India.
Un missionario di oggi, moderno per stile e per idee, capace di annunciare Gesù Cristo in ogni situazione, attento più che a se stesso o ai propri interessi, ai bisogni reali della gente, incarnando il Vangelo nella quotidianità della vita. Lo fu da giovane prete e nelle compresse e dolorose vicende dentro e fuori dalla sua diocesi, pastore attento e sollecito, soprattutto dei più poveri e bisognosi, umile e generoso a tal punto da offrire tutto se stesso al prossimo, probabilmente oltre quello che le sue stesse forze fisiche gli permettessero.
Ma sarà l’esperienza in India a consolidare in lui l’identità missionaria. Possiamo ben definirlo un ‘apostolo dell’India’, proprio perché lavorò instancabilmente per ‘impiantare’ la Chiesa cattolica, con una proprio gerarchia e istituzioni e per aiutare i cristiani a vivere la loro fede da indiani e come indiani! Ecco perché la celebrazione di questa sera è ancora più bella e significativa per la presenza di un gruppo di missionari salesiani, che saluto con simpatia ed affetto, continuatori del Marengo segno della vitalità e della continuità dell’opera missionaria di questo vescovo e anche di quella continuità di venerazione e di preghiera, necessari per l’avvio di ogni causa di canonizzazione.
La liturgia e la parola del Vangelo, ci aiutano a comprendere ancora di più la grandezza e la santità della figura del servo di Dio Oreste Marengo, all’interno della testimonianza di un grande santo e padre della Chiesa primitiva, sant’Ignazio di Antiochia. Innamorato di Cristo e appassionato dell’unità nella Chiesa, chiede ai cristiani di Roma di lasciarlo morire per imitare Gesù nella sua passione. La fecondità di ogni annuncio e di ogni ministero si misura nella disponibilità di essere come “il chicco di grano caduto in terra; se muore produce molto frutto” (Giovanni 12, 24).
Come la caduta nella terra è la condizione della fecondità del grano di frumento, così con la morte, Gesù, innalzato da terra, attira l’umanità
tutta al Padre. Senza la morte non c’è fecondità, vita nuova e abbondanza di frutti.
Il successivo versetto 25 è per ogni discepolo del Signore: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna”. La strada percorsa dal Maestro è la stessa che deve percorrere ogni discepolo. Gesù non ci chiede di perdere la vita materiale per avere quella spirituale, ma di vivere la propria esistenza non nella conservazione e nell’attaccamento di sé ma nel dono e nell’amore verso gli altri. Solo chi dona totalmente se stesso per amore porta frutto e si apre alla vera vita. “Se uno mi vuol servire mi segua” (12,26) ci dice Gesù.
Il servizio è la vera strada della sequela. Solo chi è capace di servire può dire di essere sulla strada che Gesù sta percorrendo, di essere suo discepolo. Resto sempre meravigliato nel constatare la forza d’animo e la carità operosa del Marengo leggendo la sua vita. Pensate, proprio sullo stile di don Bosco …senza soldi e con la sola fiducia nella Provvidenza.
Rallegrati santa Chiesa di Alba perché un tuo figlio ti ha amato e servito con tutto se stesso, portando la tua fede e la tua carità fino agli estremi confini della terra e servendo tanti fratelli e sorelle con passione e dedizione.
Confermiamo oggi il nostro impegno e la nostra scelta di essere, come ci invita papa Francesco, una Chiesa in uscita, una comunità di discepoli missionari che si pone accanto alle persone e le accompagna a sperimentare l’amore e la misericordia di Dio attraverso gesti concreti di servizio e di accoglienza.
Ci sia intercessore il Servo di Dio Mons. Oreste Marengo, che oggi presentiamo a te, o Signore e alla Chiesa perché non venga a mancare la sua eredità di fede, speranza e carità.