Omelia in occasione della Solennità di Tutti i Santi

01-11-2018

Carissimi ci siamo raccolti in questo campo santo in questo giorno di festa in cui la Chiesa celebra la solennità di Tutti i Santi.

Ancora una volta siamo invitati a meditare sulla chiamata alla santità e sul dovere che abbiamo come cristiani di diventare santi.

Le beatitudini che abbiamo proclamato sono la via che dobbiamo percorrere per arrivare ad essere santi come Dio è “il tre volte santo”.

Papa Francesco nell’aprile scorso ci ha fatto dono di una bellissima Esortazione Apostolica sul tema della santità dal titolo: “Gaudete et Exsultate”, al terzo capitolo riprende proprio il brano delle beatitudini di cui mi permetto di farne una sintesi che certamente ci aiuta a capire il significato di questa bella festa.

Le Beatitudini sono la descrizione lasciata da Gesù di cosa significhi essere santi nella nostra vita quotidiana.

In questo caso, “felice” e “beato” diventano sinonimi di “santo”. Noi guadagniamo autentica felicità dalla pratica fedele delle Beatitudini e possiamo esprimerle solo se lo Spirito Santo ci pervade con la sua potenza e ci libera dalla fragilità, dall’egoismo, dalla pigrizia e dall’orgoglio. Papa Francesco descrive ciascuna delle Beatitudini e il loro invito, concludendo così ogni sezione :

  • “Essere poveri nel cuore, questo è santità.”
  • “Reagire con umile mitezza, questo è santità.”
  • “Saper piangere con gli altri, questo è santità.”
  • “Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità.”
  • “Guardare e agire con misericordia, questo è santità.”
  • “Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità.”
  • “Seminare pace intorno a noi, questo è santità.”
  • “Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità.”

Nel capitolo 25 del vangelo di Matteo (vv. 31-46), Gesù si sofferma sulla beatitudine della misericordia. “Se cerchiamo quella santità che è gradita agli occhi di Dio, in questo testo troviamo proprio una regola di comportamento in base alla quale saremo giudicati.” Quando riconosciamo Cristo nel povero e nel sofferente, allora è lì che si rivela il cuore stesso di Cristo, i suoi sentimenti e le sue scelte più profonde. “Il Signore ci ha lasciato ben chiaro che la santità non si può capire né vivere prescindendo da queste sue esigenze.” Ideologie fuorvianti possono indurre da una parte a separare queste esigenze del Vangelo dalla propria relazione personale con il Signore, così che il cristianesimo diventi una sorta di ONG spogliata del luminoso misticismo così evidente nelle vite dei santi; dall’altra c’è chi diffida dell’impegno sociale degli altri, considerandolo qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista; la loro particolare preoccupazione etica supera tutte le altre. La difesa dell’innocente che non è nato, per esempio, deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo. Ma “ugualmente sacra” è la vita dei poveri, degli esclusi, dei diseredati, degli abbandonati; nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani; delle vittime di tratta e delle nuove forme di schiavitù. Tanto meno la situazione dei migranti può essere ritenuto un tema secondario rispetto ai temi “seri” della bioetica. Ad un cristiano “si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli.”

Come vedete la santità è qualcosa di concreto che ci interpella tutti e che siamo chiamati a vivere ogni giorno nelle cose che facciamo.

Sono certo che le persone care che siamo venuti qui, in questo cimitero, a visitare sono tutte persone speciali e probabilmente persone “sante della porta accanto” come scrive sempre Papa Francesco nella sua lettera.

Chiediamo al Signore il dono della santità, affinchè anche noi con Maria e tutti i santi potremo un giorno entrare nella gloria senza fine che è la vita eterna.