Le pietre che Gesù ha calpestato e quelle vive incontrate in Palestina

I pellegrini albesi davanti alla moschea di Omar nel cuore di Gerusalemme.

 

 

Da Nazaret a Gerusalemme, passando per Betlemme: trentotto pellegrini, guidati dal vescovo Marco, dal 28
dicembre al 4 gennaio, hanno ripercorso l’itinerario che è stato proprio di Gesù, prima portato in grembo
da Maria, poi guidato dalla stessa Maria e da Giuseppe, infine in compagnia dei suoi discepoli nella sua vita
pubblica.

La fede cristiana è anche storia e geografia. Vedere con gli occhi e toccare qualche volta con mano la terra
su cui Gesù ha camminato rende il Vangelo molto più concreto: chi è stato in Palestina ha una chiave in più
di lettura del Nuovo Testamento.

È stato un pellegrinaggio ricco di parola di Dio, proclamata ogni giorno nella Messa, ma soprattutto
proposta come il migliore commento ai diversi luoghi visitati. Leggendo, a ogni tappa, il brano di Vangelo a
essa collegato, abbiamo toccato con mano che la parola di Dio è scesa nel mondo e nella storia, con tutti i
suoi problemi. È stato continuo, perché inevitabile, il parallelismo tra le tensioni politico-religiose dei tempi
di Gesù e quelle attuali: la Terra Santa è oggi la terra dei muri che dividono, dei checkpoint che ostacolano il
cammino, obbligando a fare lunghe deviazioni, della violenza delle armi moderne ostentate come un tempo
le spade dei soldati romani.

Abbiamo visto quanto sia antistorica la tesi della Murgia che ha animato il dibattito culturale italiano a
cavallo del Natale: i credenti non hanno paura della complessità, perché vivono immersi in essa. Forti della
fede in un Dio che si è fatto uomo, sanno guardare in faccia non solo la complessità della realtà, ma anche
le contraddizioni, in questo caso, il divario crescente, sul piano dei diritti tra Israeliani e Palestinesi.

Nel nostro pellegrinaggio siamo partiti da Nazaret, luogo dell’annunciazione di Gesù a Maria e a Giuseppe e
villaggio in cui Gesù ha vissuto dall’infanzia alla piena maturità. Poi siamo scesi a Genesaret e navigato sul
lago omonimo, salendo come Gesù sulla barca e camminando su quelle rive che sono state lo scenario della
scelta dei primi discepoli e degli inizi della vita pubblica.

Come Gesù, per raggiungere Betlemme, abbiamo attraversato la Samaria. Inevitabili la sosta al Giordano, al
guado del battesimo di Gesù, la puntata al Mar Morto, costeggiando le alture e le grotte di Qumran e la
tappa a Gerico, il paese di Zaccheo, vicino a quel deserto in cui Gesù si è ritirato prima di dare inizio alla sua
attività. Il cuore e la conclusione del pellegrinaggio è stata Gerusalemme, la città santa per le tre religioni
monoteiste mondiali.

A Betania, la patria di Lazzaro, Marta e Maria.

Qui abbiamo vissuto la veglia di fine anno e trascorso due giornate intensissime, ripercorrendo a piedi i
luoghi che sono stati scenario dell’Ultima cena di Gesù, del suo arresto, della sua condanna a morte, della sua passione, morte e risurrezione. Non poteva mancare la sosta al muro del pianto e la camminata sulla
spianata delle moschee.

Come detto, abbiamo visto, calpestato e toccato tante “pietre”, ma non meno emozionanti sono stati gli
incontri con alcune “pietre vive”. Abbiamo conosciuto due straordinarie comunità cristiane – il centro Effatà
per il recupero dei bambini sordomuti e il progetto Pro Terra sancta, guidato in questo momento da
Vincenzo Bellomo – che con molta fatica, ma anche con spirito profetico tengono viva la fede cristiana in
quella terra, mostrandone le straordinarie potenzialità: un servizio offerto gratuitamente a chi è nel
bisogno senza distinzione tra appartenenze religiose. Proprio questi incontri ci hanno fatto capire
l’importanza di tenere aperti i collegamenti con la Terra Santa: ne va della nostra identità cristiana. Se le
radici ci dicono chi siamo, gli innesti garantiscono frutti.

Da ultimo non possiamo non menzionare la sosta a Betania: l’occasione per ripensare al nostro Sinodo e
alla sua faticosa ripartenza. La strada è ancora molto lunga, ma il Vangelo ci indica la strada. Anche per
questo il vescovo ci ha suggerito di proseguire il pellegrinaggio leggendo il Vangelo di Marco. A questo
pellegrinaggio spirituale tanti possono aggiungersi.

Battista Galvagno