Intervento di Monsignor Marino alla giornata sacerdotale

Martedì 26 gennaio, presso il Seminario di Alba, il vescovo di Savona, monsignor Calogero Marino, ha animato la Giornata sacerdotale con una riflessione su “L’enciclica Fratelli tutti e la fraternità sacerdotale”. Erano presenti alcuni dei sacerdoti della diocesi, mentre era possibile assistere alla conferenza anche in streaming (si può rivedere tramite YouTube: Nel primo video occorre andare al minuto 45:23 per l’inizio effettivo della stessa: CLICCA QUI. Il secondo video, che è la continuazione del primo, invece, è integrale: CLICCA QUI

Diamo di seguito la sintesi curata da Battista Galvagno e la traccia fornita dal vescovo Marino. 

“L’enciclica Fratelli tutti e la fraternità sacerdotale”

Premessa.

Il contesto della pandemia ci ha rivelato due cose: la tentazione-condanna della solitudine e la scoperta della fraternità indispensabile. In questo senso, la pandemia è stata una “apocalisse”, cioè una rivelazione: mentre ha fatto crescere la solitudine, ci ha fatto sentire l’importanza insostituibile della fraternità. Abbiamo capito, per citare l’immagine di Papa Francesco, che siamo tutti sulla stessa barca e non possiamo salvarci da soli: tutto è interconnesso.

L’enciclica Fratelli tutti inizia con il gioco di parole “chiuso-aperto”: mentre analizza “le ombre di un mondo chiuso” invita a pensare “un mondo aperto”, con “cuore aperto”. Come saremo dopo dipende da noi e dalle scelte che faremo. Noi siamo fatti per l’aperto, ma anche tentati dal chiuso. Ecco il pericolo di cercare sicurezze a poco prezzo, alzando tanti piccoli muri, anche nei nostri paesi e nelle nostre relazioni.

L’enciclica, per ammissione del Papa, è stata pensata prima della pandemia: “Proprio mentre stavo scrivendo questa lettera, ha fatto irruzione in maniera inattesa la pandemia del Covid-19, che ha messo in luce le nostre false sicurezze. Al di là delle risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa evidente l’incapacità di agire insieme. Malgrado si sia iperconnessi, si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti. Se qualcuno pensa che si trattasse solo di far funzionare meglio quello che già facevamo, o che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà” (n.7. cfr. anche n. 35.36).

Papa Francesco propone la fraternità come risposta anche alla pandemia. Non è però una risposta ingenua: se la tentazione-condanna del chiuso ha fatto emergere la fraternità come indispensabile, l’esperienza e la Bibbia rivelano anche che la fraternità è spesso problematica. La Bibbia, dall’episodio di Caino e Abele in poi non fa nessuna retorica sulla fraternità: fratelli si nasce; a vivere come fratelli si impara. Ma si può anche non imparare mai!

Già prima dell’enciclica, Papa Francesco aveva sottolineato l’importanza della fraternità in due aforismi: “La società in cui si dissolve la fraternità non è capace di futuro” (24 aprile 2017); “La forza della fraternità che l’adorazione di Dio genera tra gli uomini è la frontiera della Chiesa” (6-1-19).

Questa enciclica ha aggiunto un ulteriore tassello al Magistero di Papa Francesco, che ha sottolineato in successione:

  • La misericordia: la Chiesa deve testimoniare al mondo che Cristo non è venuto per condannare, ma per salvare.
  • La Chiesa in uscita, chiamata ad abitare la città degli uomini per testimoniare la misericordia, cioè l’amore viscerale di Dio per l’umanità.
  • La fratellanza come servizio e compito su misura per un mondo globalizzato. Non a caso, tra gli esempi di fratellanza viene proposta la figura di Charles de Foucauld, fratello universale, che è andato nel Sahara, tra i Tuareg per testimoniare la misericordia di Dio, cercando di “gridare il vangelo con la vita”. Era l’intuizione anche dei preti operai: abitare senza difese la città degli uomini.

L’enciclica tratta di fratellanza, che va distinta dalla fraternità:

  • Fratellanza è condivisione della comune umanità, è stare in mezzo agli uomini – a tutti gli uomini – come lievito nella pasta.
  • Fraternità è la condivisione della fede e di un progetto di vita con altri fratelli.

Senza fraternità è difficile vivere e testimoniare la fratellanza. Vediamo in successione questi due stili di vita.

Fratelli dell’umanità.

Quando si parla di fratellanza la mente corre immediatamente al Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, espressamente citato nell’enciclica: un documento che Papa Francesco ritiene molto importante per l’avvio di un dialogo con il mondo islamico. Il prossimo viaggio in Iraq prevede anche la richiesta alla comunità sciita irachena di firmarlo dopo la firma del Grande Imam al-Tayyeb, esponente di spicco della comunità sunnita. Il capitolo 8° dell’enciclica affronta la sfida delle “Religioni a servizio della fraternità”. La fraternità è la via per un mondo aperto, per un mondo di pace.

La fraternità, come ha spiegato Papa Francesco nel suo ultimo libro-intervista “Ritorniamo a sognare” è il frutto del “traboccamento della grazia”. La fraternità è lo spirito che trabocca: “Lo chiamo traboccamento perché rompe gli argini che confinavano il nostro pensiero e fa sgorgare, come da una fonte traboccante, le risposte che prima la contrapposizione non ci permetteva di vedere. Riconosciamo in questo processo un dono di Dio perché è l’azione dello Spirito stesso, descritta nella Scrittura ed evidente nella storia” (p. 92).

Nel capitolo 2 dell’enciclica, Papa Francesco fa una lectio della parabola del buon samaritano. La parabola è incastonata nel dialogo con un dottore della Legge, che ha sullo sfondo una domanda: cosa fare per essere felice? Cosa fare perché la mia vita sia piena? La questione di oggi è la gioia: per tutti, anche per i preti! La Chiesa è chiamata ad una duplice conversione, da cui dipende il suo futuro. Si tratta di passare:

  • Dalla tristezza individualistica alla gioia della fraternità.
  • Dall’isolamento alla comunione.

Alla domanda del dottore della legge Gesù risponde raccontando una storia. Possiamo vedere in questo anche una chiara indicazione di un modo diverso, alternativo, ma molto efficace di comunicare.

Al centro della pagina c’è l’incontro casuale e imprevedibile tra due estranei. La fratellanza è un legame tra estranei che, attraverso la relazione, arrivano a scoprirsi fratelli. Questo incontro cambia la vita di entrambi: il ferito passa dal rischio di morire alla cura che lo avvia alla guarigione; il samaritano blocca il suo viaggio, trascura per un po’ i suoi affari, ci rimette dei soldi.

Ciò che differenzia il samaritano dal sacerdote e dal levita non è il vedere-conoscere, ma la vicinanza, il “passare accanto” e la “compassione”. Da notare che non è la compassione che lo fa avvicinare, ma è l’essersi avvicinato che genera la compassione. La vicinanza è la postura interiore del terzo millennio, la postura interiore che ti avvicina all’estraneo. La vicinanza è la premessa-condizione della fraternità. È quanto vediamo anche negli Atti degli apostoli, cap. 8: tutto comincia con il gesto di Filippo che “sale sul carro” e siede vicino al funzionario etiope.

Il farsi vicino-fratello era lo stile di Charles de Foucauld: “Con tutte le mie forze dimostro a questi fratelli che la nostra religione è carità. Do loro gratuitamente cibo, medicine per dimostrare che siamo tutti fratelli… prego per i Tuareg con tutto il cuore. Cerco di farmi stimare, amare, di far cadere pregiudizi, consapevole che questo richiede molto tempo. Cerco di parlare in privato ai meglio disposti, con molta prudenza: forse un giorno arriveranno a capire che i cristiani non sono in errore…”.

La fratellanza è una forma di evangelizzazione che passa attraverso la condivisione di vita, più che non attraverso la parola. Lo scrisse anche il Cardinal Martini nel suo programma “Farsi prossimo”, invitando a stare in guardia da tre atteggiamenti che ci bloccano e ci impediscono di fermarci vicino a chi ha bisogno:

  • la fretta
  • la paura
  • l’imbarazzo.

Come leggiamo al n. 75, il gesto del buon samaritano mostra che in un tempo apocalittico non si può essere neutrali. Il sacerdote e il levita, di fatto stanno dalla parte dei briganti della strada. La cosa peggiore, come leggiamo al n. 74, è il fatto che queste erano persone religiose. Da qui la constatazione che “Il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace”.

Ovviamente, per vivere la fratellanza non è necessario andare nel deserto algerino: si può vivere anche qui da noi, anche da preti, scegliendo una via di mezzo tra il chiudersi in canonica e lo stare tutto il giorno al bar. Per vivere la fratellanza bisogna stare in mezzo alla gente, incontrare il popolo di Dio, farsi prossimo: il clericalismo che separa è il nemico della fratellanza.

In alcune circostanze si può vivere la fratellanza anche attraverso il ministero dell’intercessione, attraverso la preghiera. Ricordiamo l’omelia del Cardinal Martini allo scoppio della prima Guerra del Golfo: intercessione è mettersi in mezzo ai contendenti, poggiando una mano sulla spalla di entrambi.

Un’altra importante precisazione. Troviamo nell’enciclica l’invito a passare dalla logica dei “soci” a quella dei “fratelli” (n 101-102). Per andare oltre un mondo di soci c’è bisogno di una politica come “amicizia civica”. Certo è difficile stare dentro le relazioni sociali da fratelli, perché si formano quasi sempre dei gruppi, con una identità che li separa dagli altri e che rende impossibile il farsi prossimo. Come ha spiegato Ricoeur, la logica dei soci è quella di consolidare gli interessi personali o di gruppo, non di vivere la fratellanza.

Ultima annotazione: per promuovere la fratellanza non bisogna avere paura di coinvolgerci affettivamente nelle relazioni. Proviamo a chiederci quale investimento affettivo c’è nelle nostre relazioni, ad esempio nei momenti in cui incontriamo estranei: persone che non vediamo mai se non quando vengono a chiederci un documento o la celebrazione di un funerale. Ricordiamo le toccanti parole del testamento di don Milani, rivolto agli alunni della scuola di Barbiana: “Ho voluto più bene a voi che a Dio”.

La fraternità.

Presuppone la fratellanza: se non sono stato lievito nella pasta non posso vivere la fraternità. Per inquadrare la fraternità facciamo riferimento a tre passi evangelici:

  • Mc 3,31-33: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”
  • Mc 6,30-33: “Venite in disparte… e riposatevi un poco”
  • Lc 10,17-20: “Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti in cielo”.

Prima di questo ritrovarsi in compagnia di Gesù i discepoli sono stati inviati nel mondo, sono stati la prima “chiesa in uscita. Poi è il momento della fraternità, del “venite in disparte e riposatevi”. Anche negli Atti vediamo questi due movimenti: il viaggio missionario (la fratellanza) seguito dal rientro nella chiesa madre (fraternità). Ma si torna nella fraternità perché lì c’è gioia, c’è la scoperta che noi siamo importanti agli occhi di Dio e dei fratelli, che i nostri nomi sono scritti in cielo. La fraternità è nutrirci a vicenda della gioia del vangelo.

Il rischio è che all’interno della chiesa, e anche del presbiterio prevalgano i “rapporti tra soci”, che abbiano la prevalenza i gruppi e i ruoli sociali, anziché i rapporti personali. Può essere utile andare a rileggere la “Regola di vita per gli eremi” di San Francesco, che prevede piccoli gruppi di 3-4 frati, in cui due facciano da padre-madre per custodire i figli, ma che poi i ruoli si scambino, perché tutti noi abbiamo bisogno di amare e di essere amati.

Per approfondire la fratellanza può essere di aiuto il libro “La vita comune” di Bonoeffer, in particolare la sua distinzione tra comunità psichica e spirituale.

Certo nella presente situazione ci sono molti ostacoli per chi cerca di vivere la fratellanza: la pastorale ordinaria prende troppo tempo e impedisce di incontrare gli estranei. Proprio per questo è importante ripensare il ruolo dei laici, non solo per far funzionare meglio la pastorale, ma per essere presenti nel mondo, là dov’è il loro posto e il loro ruolo. Dobbiamo sognare e progettare modi diversi di essere chiesa. Come hanno scritto i giovani al termine del Convegno Ecclesiale di Firenze, ci sono tanti coetanei là fuori, che attendono che noi li raggiungiamo là dove sono.

Una pastorale “laicale” non avviene però solo nei locali e negli ambienti parrocchiali: tanti incontri potenzialmente di annuncio-formazione-catechesi si svolgono là dove le persone si incontrano, dove parlano dei problemi pressanti della loro vita. I laici “missionari” sono quelli che sanno essere presenti lì, senza fare prediche, ma proponendo un modo diverso di affrontare e vivere i problemi, nella logica del vangelo.

Stando fuori dalle relazioni non si comunica nulla e non si cambia nulla. Ecco perché è urgente un cambiamento radicale del nostro modo di essere preti e cristiani. Ma stare “fuori” significa non fare selezioni preconcette: i fratelli non si scelgono; sono un dono! I soci e anche gli amici si scelgono; i fratelli no: ecco la sfida di una relazione tutta da costruire!

(Sintesi a cura di Battista Galvagno)

 

“L’enciclica Fratelli tutti e la fraternità sacerdotale”

 

Alba, 26 gennaio 2021.

Traccia dell’intervento del vescovo di Savona, don Gero Marino

 

Premessa. La pandemia da Covid 19 è, inevitabilmente, la cornice della riflessione (cfr. ad es. FT nn. 7, 35, 36): la pandemia è un’apocalisse, nel senso etimologico della parola, che ha slatentizzato e fatto emergere realtà già ben presenti nelle società dell’Occidente avanzato:

la tentazione della solitudine (acuita dall’inevitabile distanziamento fisico) e l’indispensabile fraternità (perché tutto è interconnesso e siamo tutti sulla stessa barca). Una fraternità indispensabile, ma anche “impossibile”, perché siamo anche figli di Caino, e sempre incombente è la tentazione del muro (FT: “le ombre di un mondo chiuso”, cap. I; “pensare e generare un mondo aperto”, cap. III; “un cuore aperto al mondo intero”, cap. IV. E cfr. i nn. 88-90, sull’amore aperto e sull’amore intimistico. Cfr. anche D. BONHOEFFER, La vita comune);

– la “tristezza individualista” (EG 2) e la gioia delle relazioni.

 

In ascolto di Francesco:

“la società in cui si dissolve la vera fraternità non è capace di futuro” (24/4/2017, al Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze);

“la forza della fraternità, che l’adorazione di Dio in spirito e verità genera fra gli umani, è la nuova frontiera del cristianesimo”, 6/1/2019, al Presidente della Pontificia Accademia per la vita)

 

  1. Uso fratellanza per indicare l’essere tutti fratelli nella stessa umanità (ed è per questo che le religioni sono “al servizio della fraternità nel mondo”, FT cap. VIII. E cfr. il Documento di Abu Dhabi) e fraternità per indicare i rapporti tra fratelli nella comunità cristiana.

 

  1. Fratelli in umanità.

Lectio di Lc 10,25-37: la domanda del dottore (“cosa devo fare per essere felice?”) trova risposta nella parabola che narra l’incontro casuale, imprevedibile, tra due uomini che non hanno nulla in comune, se non la comune umanità. Un incontro che cambia la vita di entrambi!

 

Di fronte al fratello ferito non è possibile neutralità: “i briganti della strada hanno di solito come segreti alleati quelli che passano per la strada guardando dall’altra parte” (FT 75), come il sacerdote e il levita: “il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace” (FT 74).

 

Ciò che fa la differenza non è il vedere (tutti vedono), ma il farsi vicino (cfr. Lc 10,34; cfr. lo stesso movimento in At 8,29), che genera compassione. Cfr. FRANCESCO, Il nome di Dio è misericordia: “la Chiesa non è al mondo per condannare, ma per permettere l’incontro con quell’amore viscerale che è la misericordia di Dio. Perchè ciò accada, è necessario uscire. Uscire dalle chiese e dalle parrocchie, uscire e andare a cercare le persone là dove vivono, dove soffrono, dove sperano”.

Col linguaggio dei giovani al Convegno ecclesiale di Firenze: “sentiamo di dover essere i primi a uscire sulle strade del mondo, nella curiosa esplorazione di chi sa di avere tutto da scoprire e vede in ogni volto e in ogni storia una nuova possibilità, anche perché tanti nostri coetanei…attendono che noi li raggiungiamo là dove sono”.

 

La compassione, poi, si fa gesto disteso nel tempo: chiede di ritornare. Il samaritano, come il decimo lebbroso di Lc 17,11-19) è uno che sa tornare!

 

Ma farsi prossimo chiede il coraggio di stare in mezzo, sporcandosi le mani: è la postura della intercessione.  Soprattutto “nei momenti di crisi la scelta diventa incalzante” (FT 70). Ed è l’investimento affettivo nelle relazioni (vs. la rigidità del ruolo) ciò che fa la differenza!

 

Fondamentale è allora andare oltre un mondo di soci (cfr. FT 101 e 102), ad ogni livello: ecclesiale, culturale, politico.

 

Tutta la riflessione potrebbe essere ripresa e arricchita con riferimento a “figure spirituali”: penso a Charles de Foucauld, ai martiri di Tibhirine -cfr. in particolare il testamento di padre Christian-, a Don Milani…

 

  1. La fraternità dei discepoli, segno credibile della Resurrezione (cfr. At 2,42-46; 4,32-37)

Particolarmente nel presbiterio, la fraternità chiede la presenza autorevole di un padre: cfr. l’icona evangelica del rapporto di Gesù con i Dodici (molto bello il testo di C.M. MARTINI, L’itinerario spirituale dei Dodici).

– E’ una fraternità non secondo il sangue (cfr. Mc 3,31-35): non ci siamo scelti!

– è una fraternità che già c’è, in forza dell’Ordine: va riconosciuta, prima che costruita

– è una fraternità in movimento, secondo il ritmo del cuore: una fase di dilatazione (la Chiesa in uscita) e una di ritorno, presso Gesù

– i due testi di Mc 6,30-33 e Lc 10,17-20 mostrano l’agire paterno di Gesù, che aiuta…il suo presbiterio a ritrovare la via della gioia, che nessun virus ci potrà mai rubare!

 

La lezione di San Francesco: cfr. la Regola di vita negli eremi (FF 136-138) e l’alternanza tra l’essere madri e l’essere figli!

 

 

Per concludere. Emerge la coerenza del magistero del Papa: la fraternità dei discepoli che è la Chiesa è chiamata ad uscire, condividendo la vita di tutti (come agnelli in mezzo ai lupi, come il lievito nella pasta…), per attestare la misericordia di Dio. E’ questa la via della gioia. Per i discepoli e per il mondo!