Corpus Domini: la festa nata dai dubbi di un prete e dalle rivelazioni di una mistica

CORPUS DOMINI Dal Belgio a Orvieto a tutta la Chiesa. Era l’11 agosto 1264, quando il papa Urbano IV, da Orvieto dove abitava con la corte pontificia, istituiva – con la bolla Transiturus – la solennità del Corpus Domini per tutta la Chiesa. A farlo decidere per universalizzare la festa sarebbe stata la notizia di un miracolo successo l’anno precedente nella vicina Bolsena, dove un sacerdote boemo, di ritorno da un pellegrinaggio a Roma, che sentiva dubbi sulla reale presenza di Cristo nell’Eucaristia, celebrando la Messa, nella chiesa di Santa Cristina a Bolsena, aveva visto l’ostia consacrata stillare sangue, così da macchiare il corporale, i gradini dell’altare e alcune pietre del pavimento.

Il Papa volle vedere quel corporale. E il 19 giugno 1264, gli fu portato a Orvieto con un solenne corteo. Il Papa, originario di Liegi, ricordava certo come nella sua diocesi in Belgio si celebrava già – da parecchi anni – una “festa eucaristica” istituita dal vescovo diocesano, in seguito al giudizio teologico favorevole sulle rivelazioni di una monaca agostiniana di Liegi (la mistica Giuliana di Rétinne, 1193-1258), una festa che veniva già celebrata 60 giorni dopo Pasqua: il giovedì dopo l’ottava della Trinità.

I testi. Il Papa, per la nuova festa del Corpus Domini, avrebbe incaricato dal vicino convento domenicano di Orvieto san Tommaso d’Aquino – che era nel convento per la formazione della comunità – di comporre i testi e le preghiere, i canti e gli inni, da usarsi alla Messa così come quelli necessari per Lodi e Vespri (il Pange lingua, la sequenza Lauda Sion, il Panis angelicus). Troviamo ancora traccia dell’impostazione di Tommaso nelle attuali tre preghiere che usiamo alla Messa; i tre aspetti dell’Eucaristia: 1. Passato, memoriale della Pasqua; 2. Presente, unità del corpo della Chiesa; 3. Futuro, pegno del possesso eterno di Dio.

Santa Cristina a Bolsena foto FC_SICCARDI

La processione. La bolla del papa Urbano IV non accennava a una processione eucaristica, ma sembrava quasi prevederla. Essa diceva: «In quel giovedì le moltitudini dei fedeli devoti accorrano con trepidazione alle chiese, clero e popolo elevino gioiosi inni e cantici, esultino con salmi e preghiere».

Iniziò così a diffondersi non solo la celebrazione in chiesa, ma anche la “processione teoforica” esterna, prima in Germania, poi in Francia e infine anche in Italia (metà XIV secolo). Probabilmente non sempre si faceva la processione, che era tuttavia riservata unicamente alle cattedrali e alle chiese plebane (le pievi), dove accorrevano i fedeli e il clero delle altre comunità circostanti.

Si iniziò a rendere omaggio al Re della gloria e si diede sempre più spazio a tutti quegli apparati che rendessero più trionfale e sfarzosa la processione e il suo passaggio per le vie e le borgate, con le varie e sontuose fermate agli altari improvvisati per le benedizioni alle persone, ai campi, alle case.

La celebrazione oggi. Dal 1977, non essendo più in Italia un giorno festivo nel calendario civile, la Conferenza episcopale italiana ha spostato la celebrazione del Corpus Domini e la processione eucaristica alla domenica successiva, anche se in alcune diocesi – come a Milano – viene nuovamente celebrata al giovedì.

Qual è la differenza tra il Giovedì santo e la festa del Corpus Domini? Nel Giovedì santo la liturgia sottolinea l’istituzione dell’Eucaristia, il mistero di Cristo che amò i suoi sino alla fine, donando sé stesso in cibo e sigillando la nuova alleanza nel suo sangue. Nella festa del Corpus Domini, i fedeli venerano Cristo presente nel sacramento, ricordando che questa sua presenza deriva dal suo sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e spirituale, con lui. La processione con il Santissimo diventa così un segno della fede e dell’adorazione del popolo a Cristo Signore nel sacramento.

Celebrazione. Quest’anno non essendo ancora possibili assembramenti, non sarà prevedibile una solenne processione eucaristica al termine della Messa. Tuttavia, come in questi mesi ci ha insegnato papa Francesco alle Messe mattutine in Santa Marta, sarebbe comunque possibile, terminata la comunione eucaristica, dedicare del tempo all’adorazione silenziosa, conclusa con la preghiera e la benedizione finale con il Santissimo.

 don Francesco Mollo