Giovanni Quaglia alla guida della Fondazione Crt per altri quattro anni

Giovanni Quaglia, di Cuneo, anzi di Genola, 71 anni, professore, preside, presidente della Provincia di Cuneo, consigliere regionale, ‘capitano di lungo corso’ dell’Unicredit e delle autostrade d’Italia, uomo della passata e recente Repubblica, cattolico, attento ‘confessore’ delle varie voci del Piemonte, sarà alla guida della Fondazione Crt per i prossimi quattro anni.

Presidente, punto di riferimento, in Piemonte, per altri quattro anni in un momento ‘molto particolare’ dell’economia, vuol dire aver sentito le sensibilità di tutti, non le tremano i polsi?

Dire che mi tremano i polsi è forse un po’ eccessivo, ma sono pienamente consapevole della grande responsabilità che mi attende. Mi aiuta però il fatto che la scelta del mio nome sia stata unanime. Come ho detto nel mio discorso programmatico, continuerò ad essere difensore attento dell’autonomia della Fondazione e delle libere scelte di ciascun consigliere nella massima trasparenza.

La Fondazione Crt, come molte altre, in questi anni si è sostituita, spesso, allo Stato soprattutto nel welfare. Riuscirà a continuare a farlo?

Va detto che le Fondazioni non si sono mai sostituite, semmai affiancate alle Istituzioni. È pur vero che, a fronte di una progressiva difficoltà degli enti locali nel guidare o accompagnare i processi sociali, sta emergendo, con sempre maggiore chiarezza, una forte domanda di leadership da parte della fondazione per ‘incollare i territori’ e mettere a fuoco le traiettorie di sviluppo locale. Però, è importante ribadirlo, le Fondazioni non possono mai svolgere una funzione di «supplenza» o di «regia» rispetto agli enti locali: il primato è e sempre sarà delle Istituzioni, noi siamo semplici ‘tessitori’.

La gente, dopo la lunga crisi, percepisce a volte le banche con poca simpatia. Su quali fattori ha puntato la Fondazione Crt per andare oltre?

Intanto è Fondazione Crt, è un ente no profit, non una banca. La sua missione si concretizza nel mettere a disposizione dei territori e delle comunità non solo risorse. Abbiamo compiuto scelte coraggiose, anticipatrici e vincenti, soprattutto nel campo del welfare e dell’innovazione sociale, ponendoci in continuo ascolto, facendo rete, con una visione strategica. Così la philanthropy e l’impact investing, capaci di trasformare la creazione di profitto in creazione di valore.

Le fondazioni, come lei scrive nel volume «La forza della società. Comunità intermedie e organizzazione politica», sono riuscite a colmare in parte il ruolo svolto tradizionalmente dai «corpi intermedi», indeboliti dalla crisi economica e dai cambiamenti politici. Possiamo dire che sono nuovi attori del tessuto sociale?

Certamente. Nel periodo storico che stiamo vivendo, le Fondazioni dimostrano di saper rispondere non solo alla missione filantropica, ma anche all’esigenza di porsi come realtà ‘di mezzo’ tra Stato e mercato. Le Fondazioni sono istituzioni della società civile, non della politica, né della finanza. Svolgono un’azione concreta a supporto della crescita e dello sviluppo del territorio, rispondendo, e a volte anticipando, nuove attese e nuovi bisogni, secondo il criterio di sussidiarietà.

Su quali settori ha puntato nel recente passato e con quali risultati?

La Fondazione Crt continua a essere uno dei «motori» dello sviluppo e della crescita del Piemonte e della Valle d’Aosta, in tre macro-aree: arte e cultura, ricerca e istruzione, welfare e territorio. Pensi che, in 27 anni di storia, ha attivato risorse per 1,6 miliardi di euro senza trascurare neppure uno dei 1.284 Comuni. Abbiamo realizzato oltre 39mila interventi oltre ad importanti investimenti, come la recente riqualificazione delle Ogr-Officine grandi riparazioni di Torino.

I monumenti, le chiese, insomma il patrimonio artistico ha respirato in questi anni grazie alle Fondazioni.

La Fondazione Crt ha destinato finora 480 milioni di euro, mi piace ricordare innanzitutto il grande progetto «Città e Cattedrali», che abbiamo ideato e promosso insieme alle Diocesi. Siamo partiti nel lontano 2005, con l’avvio dei restauri delle 18 Cattedrali del Piemonte e Valle d’Aosta. Poi, nel 2013, è iniziata la ‘fase 2’, per la valorizzazione del patrimonio ecclesiastico. Oggi oltre 500 beni e luoghi di storia e arte sacra. Questo patrimonio, unico e diffuso, è oggetto degli interventi anche attraverso il progetto «Restauri cantieri diffusi», che ha fatto rinascere finora 2.500 beni storici, artistici e architettonici in Piemonte e Valle d’Aosta. Ricordo poi il nostro sostegno alle residenze e alle collezioni Reali, i contributi a 3.500 spettacoli dal vivo di musica, teatro, danza e a 900 iniziative espositive. Negli ultimi dieci anni abbiamo destinato 40 milioni al sistema museale e 28 milioni alle produzioni nazionali e ai grandi eventi, oltre, naturalmente, ai 100 milioni per la già citata riqualificazione delle Ogr.

L’App per l’apertura automatizzata delle cappelle anche in assenza di un presidio umano è stata un’intuizione molto originale. Con quali prospettive e risultati?

Questa iniziativa amplia le opportunità di accesso alle numerose testimonianze di arte sacra. Il prossimo 7 giugno, presenteremo, con mons. Derio Olivero, l’estensione del progetto ad altre 11 Cappelle, dopo la sperimentazione avviata, per la prima volta in Italia, a San Bernardo a Piozzo, nella Diocesi di Mondovì, e a San Sebastiano a Giaveno, nella Diocesi di Torino.

I Santuari del Piemonte, meta di milioni di turisti e pellegrini, hanno trovato un finanziamento nella Fondazione: con quanti soldi e per quanto tempo?

In aggiunta all’impegno per il Santuario della Consolata di Torino, Fondazione Crt ha lanciato il grande progetto «Santuari e Comunità. Storie che si incontrano», cui prevede di destinare fino a 5 milioni di euro nell’arco di 4-5 anni. L’obiettivo è il recupero e la valorizzazione di un Santuario per ciascuna Diocesi del Piemonte e della Valle d’Aosta. Finora 11 Santuari – nelle Diocesi di Alba, Casale Monferrato, Cuneo, Novara, Vercelli, Asti, Aosta, Biella, Fossano, Saluzzo, Tortona – sono stati ammessi alla ‘fase 2’.

La povertà è una delle eredità della lunga recessione: come la Fondazione può incidere per alleviarla?

È necessario continuare a ‘irrobustire’ il tessuto sociale, segnato ormai da oltre un decennio di crisi economica e da fenomeni di ‘sgretolamento’: indebolimento della scuola e della capacità di integrare, spaesamento e isolamento di vasti settori del mondo giovanile, rischio di abbandono dei territori marginali come le periferie urbane, i territori montani o alto collinari, i Comuni ‘polvere’. Il progetto «Iniziativa Lavoro» ha attivato, negli ultimi tre anni, circa 800 percorsi di inserimento occupazionale in Piemonte e Valle d’Aosta, per oltre 5 milioni di euro. Inoltre, tramite la Fondazione Antiusura la Scialuppa Crt Onlus, costituita più di vent’anni fa con grande lungimiranza, abbiamo messo in campo interventi concreti di contrasto e aiuto alle persone o alle piccole imprese economicamente e socialmente in forte difficoltà: oltre 14mila le consulenze gratuite e 2.200 i finanziamenti bancari assistiti dalla garanzia della Scialuppa per circa 40 milioni di euro. Con l’Acri, le Fondazioni italiane hanno avviato un esperimento di «welfare comunitario» per il contrasto alla povertà educativa minorile.

Dietro ogni intervento c’è una strategia. Qual è la vostra per i prossimi quattro anni?

Grande aiuto dalle indicazioni «Stati Generali»: un percorso, avviato un anno fa, che ha coinvolto centinaia di Sindaci, rappresentanti delle istituzioni, opinion leader, protagonisti del mondo della cultura, dell’Università, dell’economia, del Terzo settore, del volontariato, della ricerca, dell’innovazione. È stata una grande operazione di ascolto per ridefinire mission, vision e strategie. Tutto questo nella prospettiva di lavorare insieme agli altri. È infatti sempre più necessario ricordare l’esigenza, come diceva Claudio Napoleoni, di «mettere tra la politica e l’economia la società», cioè le persone.

Gian Mario RICCIARDI