L’ultimo saluto della comunità monticellese a don Nino Artusio

MONTICELLO Don Giovanni Artusio è stato Parroco della Parrocchia di San Ponzio in Monticello d’Alba dal 1963 al 1989.

Sono quasi trent’anni di servizio, reso con abnegazione e totale dedizione.

Quando giunge a Monticello, sono trascorsi pochi mesi dalla tragica e prematura scomparsa di una delle figure più rappresentative, carismatiche ed innovatrici del movimento cattolico albese, Giorgio Vignola. Ad attenderlo, una comunità ancora attonita e smarrita ma ricca di fermenti, soprattutto giovani che erano cresciuti con Vignola e ai quali lo stesso Vignola aveva dedicato molte energie, sotto la direzione e la guida spirituale del vice parroco Don Oreste.

I ricordi personali si intrecciano con quelli collettivi in un caleidoscopio di sensazioni, stati d’animo, colori, luci, voci e volti. Per coloro che appartengono alla mia generazione  Don Artusio (per tutti “Don Nino”) è stato il sacerdote dell’infanzia, dell’adolescenza e dei primi anni della gioventù.

In poco più di mille metri quadrati, lo spazio che racchiude scuola, chiesa parrocchiale, canonica e piazzetta trascorrevamo gran parte delle nostre giornate. Era la seconda metà degli anni settanta.

Uno spazio fisico che è rimasto sostanzialmente immutato, dove anche il tempo pare fermarsi.

La canonica era il luogo in cui ci si incontrava per il catechismo e per tutte le attività pastorali dei giovani ed adulti.Nel suo “saloncino”, una camera rettangolare con armadi a muro, sedie e scrivania, si riuniva settimanalmente la cantoria, i giovani e gli adulti per la catechesi.

Il tempo ha depositato la sua patina, il degrado ha fatto il suo corso. Negli anni la proprietà è passata a privati.

Tuttavia l’edificio è ancora lì, nel suo sviluppo su tre livelli, con i suoi balconi vista mozzafiato dove Don Nino spesso leggeva il breviario, in piedi, occhiali abbassati e testo ad un palmo dal naso, concentrato nella lettura e nella meditazione e dove Ringo, il pastore tedesco correva da un angolo all’altro spesso incessantemente.

Strade irte, un classico per un borgo di sommità, la Villa di Monticello. Agile e con passo spedito, era assai frequente incontrarlo mentre si spostava dalla Canonica alla chiesa parrocchiale o al Centro di Lettura( il piccolo centro culturale nato a metà degli anni ’60) o ancora all’Asilo che fin verso la metà degli anni ’70 era gestito dalla Parrocchia.

Tutte le settimane, stagione invernale inclusa, passava nelle frazioni a prelevare ragazzi e giovani per i vari appuntamenti parrocchiali: catechismo, prove di canto, messe della domenica.

Un servizio reso con passione e dedizione assoluta, che diventava proibitivo in occasione delle nevicate. Don Nino però non si scoraggiava: catene e pala ed il servizio era garantito. Così come lo sgombero del sagrato anche in presenza di precipitazioni eccezionali.

Già al tempo (e sono ormai trascorsi oltre quarant’anni) mi domandavo  come un fisico così minuto come il suo potesse sprigionare tale energia. La luce sempre accesa confermava quel che tutti sapevano: riposava poco la notte le cui ore preferiva dedicare alla lettura o alla scrittura.

Ho avuto conferma della sua resilienza anni dopo quando ho potuto apprezzare l’intensità del suo ministero, in Ospedale, ad Alba. Per crucem ad lucem: per mezzo della croce si giunge alla luce e alla gloria. Penso sia stato proprio questo il pensiero che ha ispirato ogni giorno la sua azione.

In quel tempo, la messa feriale era alle sette del mattino. La domenica si celebravano cinque messe, di cui tre in parrocchia e due nelle cappelle poste nelle frazioni. Se si considerano le altre due parrocchie presenti sul territorio di Monticello, le messe celebrate nella sola giornata festiva ammontavano ad otto. In un paese di appena duemila anime possono apparire eccessive. Ricordo però che erano frequentate. Soprattutto la messa delle 11 vedeva la chiesa gremita.

Don Nino iniziava la sua giornata festiva di sacerdote celebrante alle sette del mattino e terminava alle 21.30 della sera. Ricordo che talvolta per attendere ai numerosi impegni non riusciva a consumare il pasto del mezzogiorno. Rinunce mai esibite, anche se note; talvolta confessate con il sorriso e con la levità di un padre verso i suoi figli, ai quali dedicare tutto sé stesso senza esitazioni e senza risparmi.

In un contesto non sempre facile, ha avuto il coraggio di affrontare situazioni complesse, assumendosi la responsabilità delle decisioni assunte.

Talune possono apparire oggi discutibili mentre altre si sono rivelate assai lungimiranti.

L’esercizio della “decontestualizzazione”, attualmente molto praticato, porta in sé qualche rischio. Giudicare scelte assunte ormai mezzo secolo fa è facile quanto superficiale. Ogni generazione è figlia del proprio tempo; talune scelte sono il frutto di situazioni emergenziali, altre di sensibilità che nel  corso degli anni sono cambiate.

Nella mia percezione, personale e dunque parziale, la solitudine è stato un tratto distintivo della sua personalità e della sua condizione esistenziale. Non sempre i fedeli sanno o possono leggere nel cuore di un sacerdote. Don Nino aveva per tutti un pensiero, una parola, nei momenti felici come in quelli del dolore. Pochi però si fermavano per chiedere se avesse qualche necessità o per offrire aiuto.

Con il passare del tempo la disponibilità incondizionata diventa un obbligo, la gratuità offerta, una pretesa.

Sono gli effetti collaterali di una lunga permanenza in una comunità.

Dopo un servizio di oltre ventisette anni fu chiamato a svolgere altrove il suo ministero sacerdotale divenendo il Cappellano dell’Ospedale di Alba .

Ricordo con viva commozione il giorno dell’annuncio, a sorpresa, del suo trasferimento. Era un pomeriggio di inizio Settembre.

L’occasione fu la Festa di Maria Ausiliatrice, presso il Santuario di Valdozza.

Poche parole ed un congedo in sordina. Era stanco, logorato da decenni vissuti con troppa intensità ed impegno.

I contatti con Monticello ed in particolare con la Parrocchia non si sono mai interrotti. Spesso ritornava.

In Ospedale aveva, inoltre,  l’opportunità di incontrare i parrocchiani. Si informava circa la vita della Parrocchia. Talvolta lo incrociavo e nei primi anni mi legava a lui una sorta di prestito d’uso della sua fornita biblioteca.

Mi riceveva al piano ammezzato nell’ala monumentale dell’Ospedale, dove la Direzione Sanitaria aveva ricavato un piccolo appartamento. Anche se raramente trovava pace nella  sua modesta dimora mi pareva particolarmente soddisfatto della sua collocazione.

Negli ultimi anni, curvo ed esile, con voce flebile e passo affaticato, suscitava tenerezza ed ammirazione.

Con il trasferimento a Rodello, gli incontri si sono rarefatti, ma Monticello restava nel suo cuore. Poco meno di due anni fa ha donato i suoi amati libri alla nostra biblioteca civica “Giovanni Barbero”. Anche questo un segno, la prova di un legame che è rimasto nel tempo.

Nel giorno del congedo dalla vita terrena, la comunità monticellese tutta si stringe nel dolore e nel ricordo affettuoso e riconoscente del sacerdote e parroco Don Giovanni Artusio.

Oggi, caro Don Nino, si chiude la tua esperienza terrena ma inizia la festa senza fine. Ti affidiamo all’abbraccio misericordioso del Padre celeste nella certezza che riceverai, per la misericordia di Dio, il premio promesso al servo buono e fedele.