A Cherasco l’ultimo saluto a don Matteo Dallorto

 

CHERASCO E’ morto, sabato 26 gennaio presso la Casa di Riposo di Cherasco, don Matteo Dallorto, parroco emerito e collaboratore parrocchiale di Cherasco. Don Angelo Conterno lo ricorda così:

Nasce il 24 maggio 1927 a Sommariva Bosco. La sua famiglia è composta da 11 figli, 6 maschi e 5 femmine.

Compiuti gli studi ginnasiali dai Padri Somaschi in Cherasco, si trasferisce dopo una breve sosta di ripensamento vocazionale nel Seminario di Alba, dove completa gli studi del Liceo e della Teologia. Viene ordinato Presbitero il 28 settembre 1952 in Cattedrale da Mons. Carlo Stoppa.

Dal 21 giugno 1953 è Vicecurato a La Morra fino al 16 maggio 1954. Dal 16 maggio 1954 al 1° ottobre 1955 è viceparroco a Monforte con lo zio Mons. Bartolomeo Dallorto. Il 1° ottobre 1955 Mons. Stoppa lo nomina Parroco di Castelletto Uzzone.

 Don Matteo raccontava l’incontro con Mons. Stoppa con una certa ironia. Nel dialogo intercorso, Mons. Stoppa gli disse: “Ti mando Parroco a Castelletto Uzzone ma ti prego dimmi di sì perchè già ben 13 confratelli mi hanno detto di NO.” Dal 1° Settembre 1967 fu anche Parroco di Scaletta.

 Nel frattempo aveva frequentato l’Università di Genova e si era laureato in Belle Lettere ed aveva iniziato l’insegnamento presso l’Istituto delle Segretarie d’Azienda in Cortemilia. Dal 1° Luglio 1976 al 1° Luglio 1977 fu parroco a Veglia di Cherasco e dal 1° Gennaio 1982 al 1° Settembre 1994, Parroco a Pezzolo Valle Uzzone. Qui aveva avviato i lavori della Casa Canonica e la decorazione della Chiesa Parrocchiale.

 Al 1° ottobre 1994, lasciato l’impegno della Parrocchia, si ritirò a Sommariva Perno prestando il servizio di collaboratore parrocchiale (fino al 1° ottobre 1999). Con lo stesso incarico si ritirò presso la canonica di S. Pietro in Cherasco dove rimase in servizio fino al 2015 prima di essere trasferito alla Casa di Riposo di Narzole e poi alla struttura dell’Ospedale degli Infermi a Cherasco.

Qui è deceduto all’improvviso nelle prime ore del mattino di Sabato 26 Gennaio all’età di anni 91.

 Nei 15 anni passati insieme nella Canonica di S. Pietro abbiamo condiviso con altri confratelli la fraternità sacerdotale nella carità e nel rispetto. Don Matteo ci stupiva per la sua cultura sostenuta da una memoria straordinaria assieme al desiderio di approfondimento su momenti epocali della storia. Si rendeva disponibile per le confessioni e per la celebrazione delle messe a S. Martino e a S. Bartolomeo. Gli ultimi anni li ha passati alla Casa di Riposo a Cherasco dove ebbe cura ed assistenza da parte del personale medico ed infermieristico e vicinanza dei suoi nipoti e di noi Sacerdoti. Più volte aveva espresso il desiderio di essere sepolto nella tomba di famiglia accanto ai suoi. La comunità di Cherasco lo ringrazia e prega per lui.

I funerali sono stati celebrati lunedì 28 gennaio presso la Chiesa parrocchiale di Cherasco dal Vicario generale don Claudio Carena. Riportiamo qui di seguito l’omelia.

Il nostro carissimo don Matteo si è addormentato nel Signore al termine di un lungo e faticoso cammino di sofferenza, che ha coronato la sua vita ricca di anni, tutta dedicata al ministero sacerdotale, diversificato nei tempi, nei modi e nei luoghi, come ci è stato ricordato da don Angelo, all’inizio di questa celebrazione.

Ora siamo qui in tanti – familiari, parenti, amici, diaconi e sacerdoti, consacrati e consacrate, ex parrocchiani, ex allievi o colleghi insegnanti, autorità cittadine, membri della Comunità ecclesiale e della Casa di riposo di Cherasco che hanno accolto ed accudito don Matteo negli ultimi anni di vita, insieme a don Angelo, che si è preso cura di lui con esemplare, fraterna e filiale, dedizione; è presente con il pensiero, con la preghiera e con un messaggio che sarà letto al termine della celebrazione anche mons. Vescovo, fisicamente a Panama per la GMG –; siamo qui in tanti per esprimere a don Matteo il nostro affetto, la nostra stima e gratitudine, soprattutto per accompagnarlo con la nostra preghiera nel suo viaggio verso l’eternità ed affidarlo alla bontà del Signore; siamo qui per condividere il dolore di coloro che lo hanno conosciuto e amato più da vicino e a celebrare con lui e per lui il Mistero Pasquale, con l’Eucarestia, che è il Sacramento della vita.

Ogni volta che partecipiamo alla Liturgia, il Signore ci fa dono della sua Parola: unica – radicalmente diversa dai fiumi di parole che scorrono nelle nostre giornate; sempre nuova, anche se antica, perché scaturisce dalla sorgente stessa di ogni novità: l’amore eterno e creativo di Dio; personale, perché rivolta a me, a noi che la stiamo ad ascoltare come se prima non fosse stata rivolta mai ad alcun altro; efficace, perché realizza ciò che promette…

Questa Parola – viva ed eterna – è risuonata, ora e qui, per tutti noi, nei brani biblici che sono stati proclamati.

Ho pensato, in accordo con don Angelo, di riproporre per questa Messa, con la quale ci congediamo da don Dallorto, le Letture della Memoria liturgica dei Santi Vescovi Timoteo e Tito che abbiamo celebrato sabato scorso, nel giorno in cui il Signore ha chiamato a sé don Matteo, perché questi testi ci riconsegnano i fondamentali della vita cristiana e del ministero ordinato, e ci permettono di rileggere, quasi in filigrana, la vita stessa e il lungo ministero sacerdotale di don Matteo.

Il Vangelo di Luca, ci ha raccontato l’episodio dell’invio in missione da parte di Gesù dei settantadue discepoli, con le disposizioni essenziali perché oggi come allora ogni discepolo del Regno possa diventarne anche credibilmente apostolo.

Una prima osservazione, quasi scontata, si impone.

La missione non è una prerogativa dei Dodici – dei preti e dei vescovi diremmo oggi – ma dell’intera comunità ecclesiale. Tutta la Chiesa per sua natura è missionaria! La missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e tutte le parrocchie, tutte le istituzioni e gli organismi pastorali, tutti i movimenti, le associazioni, le aggregazioni e i gruppi ecclesiali. Lo si evince dal numero simbolico dei discepoli inviati da Gesù: «Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi». Settantadue è il numero delle Nazioni in cui fu suddivisa l’umanità dopo il diluvio universale, secondo il racconto simbolico ed immaginifico del Libro della Genesi, nella cosiddetta “Tavola dei popoli”. Settantadue: come a dire “tutti inviati a tutti”, nella complementare diversità dei carismi e dei ministeri.

Il numero dei nuovi discepoli designati e inviati da Gesù non allarga dunque soltanto la cerchia degli operai del Regno, ma evoca la testimonianza universale del messaggio evangelico: l’orizzonte della missione della Chiesa è totale sia nel soggetto che nell’oggetto verso cui si apre.

Definita questa qualità di fondo dell’attività missionaria, Gesù ne tratteggia gli impegni sostanziali:

Il primo imperativo è: “pregate!”.

La prima collaborazione voluta da Gesù e veramente accessibile a tutti è la preghiera, sorgente di ogni azione salvifica nel mondo. Qualcuno ha detto: “La prima evangelizzazione si fa in ginocchio!”. Se manca questo fulcro portante nella vita del credente, anche l’azione evangelizzatrice rischia di stemperarsi in sterile attivismo.

«Pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai…». L’immagine evocata da Gesù si presta ad un duplice sguardo: sulla messe abbondante o sugli operai che sono pochi. Noi abbiamo quasi sempre interpretato questo brano come una sorta di lamento sul tanto lavoro pastorale che c’è da fare e sulla scarsità delle vocazioni sacerdotali e religiose disponibili a farlo. Ed è uno sguardo realistico! Ieri – celebrando la Giornata del Seminario – ci è stato ricordato che nel nostro Seminario interdiocesano di Fossano ci sono attualmente cinque Seminaristi, per cinque Diocesi, per circa 500 mila abitanti. Numeri che fanno pensare ed interrogano, naturalmente! – ma, in verità, con la sua immagine, Gesù ci dice qualcosa di molto più profondo e di più importante. Gesù insegna uno sguardo nuovo per muoverci nel mondo e per leggere la storia: la terra matura continuamente spighe di buonissimo grano. Gesù propone un modo diverso di guardare la realtà e l’umanità. La vede come un campo traboccante di frutti maturi. La messe è molta! Il mondo è buono, c’è tanto bene sulla terra. Molti vivono già una vita bella; tanti cuori inquieti cercano solo uno spiraglio per aprirsi alla luce; tanti dolori solitari attendono una carezza di bene per sbocciare alla fiducia… manca però qualcosa, manca chi lavori al buono di oggi. Mancano o sono numericamente sproporzionati operai del bello, mietitori del buono, lavoratori che sappiano fare crescere i germogli di un mondo più giusto, più positivo, più umano… Pregate, dunque!

Dopo l’impegno della preghiera, Gesù invia gli operai nel grande cantiere del mondo consegnando loro un secondo imperativo: «andate», e specifica i tre nuclei essenziali di ogni missione: seminare pace, prendersi cura dell’uomo ferito, annunciare che Dio è vicino!

Il terzo impegno del missionario – di ogni discepolo-missionario, direbbe papa Francesco – riguarda il suo stile di vita, che deve essere improntato alla sobrietà, alla lievità, alla povertà. Chi annuncia il Vangelo, sembra dirci Gesù, non deve essere legato al denaro o al vestito; deve essere distaccato dagli incubi economici e dalla preoccupazione maniacale del domani. Chi annuncia il Vangelo non deve avere, né destare il sospetto di avere “interessi di bottega”: solo così potrà annunciare la Buona Notizia del Regno, veramente alternativa alla cultura dominante imperniata sull’apparire, sull’avere e sul potere.

Dunque Dio ha bisogno di tutti per portare a tutti l’annuncio del Vangelo. Per questo compito non ci sono strade miracolistiche. Ci sono sentieri aperti e altri da aprire: in famiglia, sul lavoro, in parrocchia, nelle molte occasioni della vita quotidiana, come laici, come consacrati, come preti… Senza dimenticare che la vicinanza del Regno si rende visibile più che con le parole, attraverso uomini e donne capaci di dire Dio con la forza convincente di una vita trasparentemente evangelica. Come diceva Sant’Ignazio di Antiochia: «È meglio essere cristiani senza dirlo, che dirlo senza esserlo!».

Mentre, dunque, consegniamo il nostro carissimo don Matteo alla bontà del Signore perché accogliendolo nella sua casa gli conceda il premio promesso ai servi buoni e fedeli, lo ringraziamo cordialmente per tutte le volte che nei suoi quasi sessantasette anni di ministero sacerdotale ha saputo personificare e personalizzare il Vangelo della missione e ci affidiamo alla sua intercessione, perché ottenga dal Signore per noi, per il nostro Presbiterio e per la nostra Chiesa il dono dell’autenticità evangelica, la capacità di «ravvivare (ogni giorno) il dono di Dio che è in noi» come ci ha detto l’Apostolo nella Prima Lettura, per «annunziare (credibilmente) la promessa della vita in Cristo Gesù» nostro Signore. Amen.

Don Claudio

Anche Mons. Vescovo ha voluto essere partecipe e vicino inviando il seguente testo di cordoglio da Panama dove sta partecipando alla GMG

Rev. CONTERNO don Angelo,

sono rattristato per aver appreso la notizia della dipartita di don Matteo DALLORTO, esprimo il mio cordoglio e la mia vicinanza alla Famiglia non potendo essere presente fisicamente accanto a voi perché impegnato in questi giorni nell’accompagnare un gruppo di giovani del Piemonte a Panama in occasione della Giornata Mondiale dei Giovani.

Don Matteo mancherà alle sorelle, ai nipoti e pronipoti a ciascuno dei suoi cari, a tutti noi, a quanti lo hanno conosciuto e hanno potuto apprezzare il suo slancio pastorale e le sue doti. Ora lo affidiamo all’abbraccio misericordioso del Padre sapendolo addormentato nella pace di Cristo. Dobbiamo esprimere a Gesù un grande ringraziamento per quello che è stata la lunga vita e l’opera di don Matteo. Sono contento di averlo ancora incontrato un mese fa nella ricorrenza del Natale… mi aveva salutato con una stretta di mano e con il suo sorriso schivo e delicato col quale comunicava tutto il suo calore umano e la sua ricchezza spirituale.

Mentre voi vi unirete per le esequie, assicuro il mio ricordo nella preghiera di suffragio da qui affidando la carissima persona di don Matteo alla Beata Vergine da voi cheraschesi invocata come Madonna del Popolo. Sì caro don Matteo, il tuo ricordo ci sorregga nel ministero e nel seguire l’esempio della tua umiltà e mitezza di cuore che ti ha avvicinato a Gesù e a Maria sua madre. Lei, ti venga incontro per condurti al suo Figlio e ricevere l’invito: “Vieni, servo buono e fedele; sei stato fedele nel poco, ora prendi autorità su molto, partecipa alla gioia del tuo padrone”. Caro don Matteo, ora, insieme ai tuoi confratelli sacerdoti e ai vescovi con i quali hai vissuto e condiviso il tuo lungo ministero sacerdotale prega per l’amata Chiesa albese, per il suo presbiterio e per me suo vescovo.

Chiedo a Lei, don Angelo di trasmettere, soprattutto a chi lo ha seguito ultimamente, e ai familiari in particolare alle sorelle di don Matteo questi miei sentimenti e la mia confortatrice benedizione come segno di pace e consolazione nel nostro Signore Gesù Cristo.

+Marco Brunetti, Vescovo di Alba