Il Papa con un telegramma esprime riconoscenza per il neovescovo Mellino, ordinato da Parolin

ALBA Nel pomeriggio di sabato 15 dicembre, nella cattedrale di Alba, è stato ordinato vescovo l’attuale vicario generale della diocesi, monsignor Marco Mellino, che andrà ad assumere l’incarico di segretario aggiunto del Consiglio di cardinali (detto C9) voluto da papa Francesco per la riforma della Curia, nonché di membro del Pontificio consiglio per i testi legislativi. A imporgli le mani è stato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin insieme al vescovo di Albano Laziale Marcello Semeraro e al vescovo di Alba Marco Brunetti. In una cattedrale gremita di fedeli, hanno concelebrato una trentina di vescovi e numerosi sacerdoti del clero locale e religioso. A monsignor Mellino la comunità diocesana ha fatto dono del pastorale.

Durante la celebrazione è stato letto il telegramma di papa Francesco rivolto a monsignor Mellino, in cui il Pontefice esprime «riconoscente apprezzamento per il fedele e competente lavoro svolto in Segreteria di Stato, che continuerà in un ruolo di supporto al gruppo di cardinali che più da vicino mi coadiuvano nel governo della Chiesa e nella riforma della Curia».

Nell’omelia, il cardinale Parolin ha augurato a monsignor Mellino di avere come modello Gesù, «di essere sempre vescovo secondo il cuore di Cristo, imitatore della sua affabilità e bontà, cordiale e generoso, con una fermezza unita alla mansuetudine, affinché le persone a te affidate riconoscano in te un riflesso della misericordia di Dio».  Parolin ha delineato la figura del vescovo che deve essere «pontefice, facitore di ponti tra Dio e l’uomo, tra le varie componenti ecclesiali, tra le origini della Chiesa e i nostri giorni, tra la Chiesa particolare e quella universale».

Di seguito diamo il testo dell’omelia pronunciata dal cardinale Parolin e il testo del telegramma del Papa.

L’OMELIA DEL CARDINALE:

 

OMELIA

ORDINAZIONE EPISCOPALE

SE MONS. MARCO MELLINO

Alba, 15 dicembre 2018

 

 Cari Mons. Marco Brunetti, Vescovo di Alba., e confratelli tutti nell’Episcopato e nel Presbiterato,

Distinte Autorità,

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

Caro Mons. Marco Mellino,

Ci troviamo nel cuore dell’Avvento, periodo di preparazione al Santo Natale, nel quale siamo chiamati a prepararci, con la riflessione, la preghiera e le buone opere, perché il 25 dicembre non sia semplicemente una festa di luci e di regali, ma sia invece il giorno in cui esultiamo per il grande dono che Dio ha fatto a ciascuno di noi e a tutta l’umanità, il Suo Unigenito Figlio Gesù.

In tal modo, pieni di stupore e di gratitudine per questo dono immenso, potremo essere anche per il prossimo, specialmente per il più povero e abbandonato, un segno della misericordia e della bontà di Dio, e andare verso di esso imitando la benevolenza del Figlio di Dio per noi.

In questo cammino verso il Natale, la liturgia odierna ci invita, già dall’antifona d’ingresso e poi nelle prime due letture, a rallegrarci perché il Signore è vicino e desidera porre dimora nelle nostre vite e nelle nostre famiglie per proteggerle, sanarle e condurle sulla via della salvezza e della vera gioia. Oggi, a questi fondamentali motivi di gioia, se ne aggiunge un altro, quello dell’Ordinazione episcopale di Mons. Marco Mellino. Il Santo Padre Francesco lo ha chiamato a far parte del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e lo ha nominato Segretario Aggiunto del Consiglio dei Cardinali che, in particolare, collaborano con il Papa per la riforma della Costituzione Apostolica “Pastor Bonus” sulla Curia Romana, elevandolo in pari tempo all’Episcopato ed assegnandogli la sede titolare di Cresima, nell’odierna Tunisia.

L’Ordinazione di un Vescovo è sempre un momento di speciale significato per la Chiesa e motivo di letizia. Vi si esprime la consapevolezza della Chiesa, che sa di essere custodita e amata dal suo Signore, vi si celebra la sua universalità e il suo radicarsi in un determinato luogo, la sua novità di vita e la sua piena continuità con le origini, con la prima comunità cristiana. Gesù “inviato dal Padre a redimere gli uomini, mandò a sua volta nel mondo i dodici Apostoli, perché, pieni della potenza dello Spirito Santo, annunziassero il Vangelo a tutti i popoli, e riunendoli sotto l’unico Pastore, li santificassero e li guidassero alla salvezza. Al fine di perpetuare di generazione in generazione questo ministero apostolico, i Dodici si aggregarono dei collaboratori trasmettendo loro, con l’imposizione delle mani il dono dello Spirito ricevuto da Cristo, che conferiva la pienezza del sacramento dell’Ordine”.

            Sono parole tratte dall’omelia rituale contenuta nel Pontificale Romano per l’Ordinazione dei Vescovi. Esse ci mettono di fronte all’ampiezza del raggio d’azione di Nostro Signore e alla sua benevolenza senza misura. Egli infatti, salendo al Padre, non ha lasciato la sua Chiesa in balia di forze ostili o senza una bussola che potesse accompagnarla nella navigazione. Egli ha voluto che il Collegio degli Apostoli da Lui istituito avesse dei successori che ne continuassero l’azione.

I Vescovi ricevono dunque l’incarico di annunciare con autorevolezza il Vangelo, di santificare il Popolo di Dio mediante i sacramenti, i sette gesti salvifici che Gesù ha donato, e di guidare alla salvezza il gregge con l’esempio di una vita sobria, casta, umile ed obbediente, adottando le decisioni necessarie a far crescere la comunità, a rinsaldarne la comunione, a proteggerla da chi invece vorrebbe disperderla o metterla in pericolo.

Per assolvere a questo compito con onore e per sperarne la buona ricompensa da parte del Signore, essi non dovranno mai trascurare la preghiera e la contemplazione della croce del Signore. Non dovranno tralasciare di celebrare e vivere la Parola che annunciano e spiegano. Solo in tal modo la loro azione potrà essere pienamente efficace, solo così le loro decisioni potranno rivestirsi di saggezza e di prudenza. Solo mantenendo costantemente aperto il canale di comunicazione con il Signore, il Vescovo potrà aprirsi a comunicare in modo adeguato con il prossimo, in primo luogo con i suoi primi collaboratori nel ministero, i presbiteri e verrà pienamente riconosciuta la sua paternità.

La legittimità e validità dell’azione del Vescovo deriva dalla sua regolare elezione ed ordinazione, l’efficacia della sua azione proviene dalla grazia Dio, ma la sua autorevolezza proviene dall’intensità del suo rapporto personale con il Signore, dal quotidiano lavoro che egli compie con se stesso per essere prima che un buon maestro e Pastore, un buon discepolo di Cristo.

Ti auguro perciò, caro Mons. Marco, di essere sempre Vescovo secondo il cuore di Cristo, imitatore della sua affabilità e bontà, cordiale e generoso, con una fermezza unita alla mansuetudine, affinché le persone a te affidate riconoscano in te un riflesso della misericordia e della bontà di Dio.

Mi rendo conto che si tratta di un ideale molto alto, della ricerca di un equilibrio e di una saggezza che non è una facile ed immediata conquista.

Ma il modello che abbiamo tutti di fronte è Gesù. Occorre guardare a Lui, seguire Lui, imitare Lui, pur consapevoli che non potremo giungere alla sua perfezione. Guai a noi però se non lo tenessimo sempre davanti come meta e come cammino, come ispirazione e come pungolo a far meglio, a santificarci sul serio, a puntare a cose grandi e in particolare a quella più grande di tutte, la santità. Guai a noi se la pressione delle occupazioni quotidiane, delle mille cose da fare e da decidere ci distogliesse da questa prima e primordiale tensione verso l’alto, verso il bene, cioè verso Cristo. Egli è infatti la fonte inesauribile da cui scaturisce l’acqua pura con la quale possiamo, dopo aver innalzato lo sguardo verso il Cielo, abbassarlo verso il prossimo e uscire verso di lui per donargli la speranza. Se venisse a mancare questo radicamento tutta la nostra azione, anche se, per grazia di Dio, sempre valida e legittima, risulterebbe alquanto appannata e non lascerebbe passare il fulgore della luce di Cristo. A questo fine è fondamentale che il Vescovo manifesti “con la sua vita e con il suo ministero episcopale la paternità di Dio, la bontà, la sollecitudine, la misericordia, la dolcezza e l’autorevolezza di Cristo, che è venuto per dare la vita e per fare di tutti gli uomini una sola famiglia, riconciliata nell’amore del Padre. Il Vescovo deve manifestare anche la perenne vitalità dello Spirito Santo, che anima la Chiesa e la sostiene nell’umana debolezza” (Direttorio per i Vescovi, n. 1).

Questa paternità e sollecitudine non si rende presente solo con l’adesione ad un alto ideale o programmando strategie di vasto respiro. Essa si concretizza nella vicinanza ed empatia con i sacerdoti e i laici, nella capacità di compiere tanti piccoli gesti accompagnati dalla parola, che facciano percepire la concretezza e consistenza di tale paternità.

Ci viene in aiuto a tale proposito il Vangelo oggi proclamato. Abbiamo incontrato in esso Giovanni il Battista ed è fonte di meraviglia riscontrare l’apparente contrasto tra l’ascesi rigorosa del Battista e i tranquilli consigli che egli dà a coloro che si avvicinano a lui per averne illuminazione.

Si presentano pubblicani e soldati e ad essi Giovanni consegna quello che potrebbe apparire, al paragone del discorso della Montagna di Gesù, come un programma da “classe media della  santità” (Francesco, Gaudete et exsultate, n . 7). “Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto” (Lc 3,11), “non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato ... non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe” (Lc 3,13-14).

Sembrano consigli quasi scontati e invece sono profondi e impegnativi. Essi mostrano che a tutti è possibile fare del bene, non soltanto mediante il genio di una scoperta o la programmazione di una mirabile riforma, ma che ogni giorno possiamo operare la giustizia, far crescere la carità, immettere nei gesti quotidiani un surplus di amore e di bontà che ci incamminano verso la santità.

Giovanni, l’asceta, che si cibava di miele selvatico e di locuste e indossava una rude pelle di cammello, ci stupisce perché non ci chiede di fare come lui, di imitare uno stile di vita che è specifico di una particolare vocazione, · ma di rivestire di giustizia e di amore le scelte quotidiane, il nostro lavoro, il nostro modo di pensare e di agire. Sembra chiederci poco, ma in realtà ci chiede l’essenziale, ci chiede di essere buoni e di imitare non lui, che è soltanto la voce, ma di imitare Gesù, che è la Parola che salva. Anche il Vescovo – guida del gregge a lui affidato – è una voce che indica la Parola, che si fa ponte e canale su cui possa scorrere la rigenerante acqua dello Spirito Santo.

Il Vescovo è pontefice, facitore di ponti tra Dio e l’uomo, tra le varie componenti ecclesiali, tra le origini della Chiesa e i nostri giorni, tra la Chiesa Particolare e quella Universale. È un compito che ha bisogno di dedizione, di preghiera e che il Signore conferisce per edificare la Chiesa, perché continui la sua presenza nella storia fornita di tutti i mezzi di grazia che le ha dato Gesù.

Tu, caro Mons. Marco, hai scelto come tuo motto episcopale l’espressione paolina “Mihi vivere Christus” (Fil 1,21). Essa compendia quanto detto fin qui. Solo rivestendoti di Cristo potrai essere Vescovo secondo il Suo cuore. Solo lasciando che Cristo occupi il centro delle tue giornate e dei tuoi pensieri potrai essere quel ponte sgombro di intralci sul quale possa passare la grazia e servire con efficacia la Chiesa. Il tuo motto quindi è anche il tuo programma e la tua aspirazione, la tua carta d’identità episcopale.

Nel tuo stemma poi hai voluto inserire, oltre all’Agnello pasquale che annuncia al mondo che la morte è sconfitta dal vittorioso sacrificio di Cristo, la stella, simbolo di Maria e la ruota del carro, che evoca la storia della tua terra natale. Tre immagini che sintetizzano una vocazione ed un programma di vita, che mostrano la tua devozione alla Vergine Maria, stella mattutina che guida nel cammino verso Gesù, Madre della Chiesa e dei cristiani e mettono parimenti in luce il tuo radicamento con i luoghi che ti hanno visto crescere e nei quali è maturata la tua vocazione.

Il ricordo delle radici da cui provieni, l’affidamento alla Madre di Dio e la proclamazione della Resurrezione vittoriosa di Cristo sono il tuo più prezioso bagaglio da viaggio per il servizio che da oggi sei chiamato a prestare per la Chiesa Universale, collaborando con il Santo Padre ed i Cardinali nel compito di portare a compimento la riforma della Costituzione Apostolica “Pastor Bonus” e come membro del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, mettendo a frutto le tue competenze canonistiche e la valida esperienza maturata in numerosi anni di servizio nella Segreteria di Stato.

Ti assista nella tua missione la Beata Vergine Maria, che hai venerato in modo particolare nel santuario della Madonna di Mombirone e nella Chiesa del tuo paese dedicata alla Madonna di Loreto, San Lorenzo Martire, Patrono di Alba e San Dionigi, primo Vescovo di questa città.

Così sia.

 

 

 

 

 

 

 

TELEGRAMMA DEL PAPA

 

AL CARO FRATELLO MONS. MARCO MELLINO

VESCOVO TITOLARE DI CRESIMA

SEGRETARIO AGGIUNTO DEL CONSIGLIO DI CARDINALI

CITTA’ DEL VATICANO

 

 

MI È CARO FARTI PERVENIRE UN BENEAUGURANTE E CORDIALE

PENSIERO IN OCCASIONE DELLA TUA ORDINAZIONE EPISCOPALE,

UNENDO SENTIMENTI DI RICONOSCENTE APPREZZAMENTO PER IL

FEDELE E COMPETENTE LAVORO SVOLTO IN SEGRETERIA DI STATO,

CHE CONTINUERÀ IN UN RUOLO DI SUPPORTO AL GRUPPO DI

CARDINALI CHE PIÙ DA VICINO MI COADIUVANO NEL GOVERNO DELLA

CHIESA E NELLA RIFORMA DELLA CURIA. TI SONO SPIRITUALMENTE

VICINO IN QUESTO MOMENTO TANTO IMPORTANTE PER TE, PER I TUOI

FAMILIARI E PER LA DIOCESI DI ALBA. PREGO GESÙ SOMMO ED ETERNO

SACERDOTE AFFINCHÉ IL TUO MINISTERO EPISCOPALE SIA FECONDO

DI FRUTTI SPIRITUALI A EDIFICAZIONE DEL POPOLO CRISTIANO, E DI

CUORE TI INVIO LA BENEDIZIONE APOSTOLICA, CHE VOLENTIERI

ESTENDO AI TUOI GENITORI E A QUANTI PARTECIPANO AL SACRO RITO.

FRANCISCUS PP.