L’intervista di Vita Pastorale al Vescovo Marco Brunetti

ALBA Vita Pastorale, il prestigioso mensile per sacerdoti e operatori di pastorale, nel numero di ottobre, dedica una lunga intervista al vescovo di Alba, monsignor Marco Brunetti, realizzata dalla giornalista e condirettore di Gazzetta d’Alba, Maria Grazia Olivero.

Ecco il testo integrale e le pagine.

Per il proprio motto episcopale, Marco Brunetti, vescovo di Alba dal 2016, ha scelto la motivazione del Giubileo straordinario della misericordia, indetto da papa Francesco: «Ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della

misericordia. È un cammino che inizia con una conversione spirituale». Queste parole hanno inciso tanto in profondità sul presule, da indurlo a improntare su di esse l’attività pastorale affidatagli dal Pontefice argentino dalle origini piemontesi. Sul suo stemma vescovile, accanto al leone alato, simbolo di san Marco evangelista – e riferimento al nome di Brunetti –, le due mani che si stringono richiamano la parabola del buon samaritano del vangelo di Luca (10,25-37).

La misericordia, l’attenzione a chi soffre, ha attraversato la formazione e tutta l’azione pastorale di monsignor Brunetti. Nato a Torino il 9 luglio1962, originario di Nichelino (alle porte di Torino), l’attuale vescovo di Alba ha conseguito il baccellierato alla facoltà teologica di Torino, per poi ottenere un diploma in pastorale sanitaria presso l’istituto Camillianum di Roma. Ordinato sacerdote nel 1987 per l’arcidiocesi di Torino, ha operato nelle parrocchie di Santena, Settimo Torinese, Trofarello e Moncalieri, oltre che come responsabile della pastorale della salute e delle tre case del clero torinese.

Dal 2006 è incaricato regionale della pastorale della salute. Brunetti è membro del Consiglio presbiterale diocesano e regionale, delegato per  i  sacerdoti anziani, membro della Consulta nazionale per la pastorale della sanità della Cei e autore di alcuni scritti di pastorale della salute. Lo incontriamo alla vigilia di un importante evento per Alba: un fitto programma di appuntamenti

per celebrare i quarant’anni dell’elezione al pontificato di san Giovanni Paolo II.

Accanto all’impegno con i malati lei ha operato in comunità di periferia, dove la ricordano per la grande umanità e disponibilità. Quando, nel 2016, Francesco la indicò come vescovo di Alba, lei disse: «Non me l’aspettavo, ma mi metto a disposizione». Evidentemente, il Papa aveva avuto modo di apprezzarla. Qual è stata l’occasione?

«Pochi mesi prima della mia nomina, nel 2015, a Torino ci fu l’ostensione della Sindone e la visita di papa Francesco. Ero responsabile della pastorale della salute e mi diedi da fare per organizzare l’accoglienza dei malati e dei disabili, creando due accueil sul modello di Lourdes. L’iniziativa era pensata per consentire ai pellegrini (malati e accompagnatori) di poter dormire almeno una notte in città. E gestire la visita alla Sindone senza le fatiche di un viaggio in giornata: 70 posti letto con servizi di pernottamento, colazione, pranzo, cena, personale volontario 24 ore su 24 e assistenza medica. Fu una grande novità».

E il Papa l’apprezzò molto.

«Torino fu definita in quei giorni una piccola Lourdes: malati e disabili vennero da tutta Italia. Un

giorno, poi, mi chiamò l’elemosiniere di Francesco: il Papa voleva mandarci un gruppo di persone. Li ricevetti più che benevolmente. Arrivarono in pullman, accompagnati da un sacerdote. Ognuno aveva una busta con 20 euro e una scheda telefonica; il mezzo era pagato da Bergoglio e noi mettemmo a disposizione l’alloggio e seguimmo la visita. Fu un momento molto bello. In seguito, prima che lasciasse Torino, portai dal Pontefice una decina di sacerdoti malati dei quali mi occupavo. Quando  il Nunzio mi comunicò la nomina, mi disse: “Il Papa l’ha designata vescovo di Alba: credo che un grande ruolo l’abbiano avuto i malati e i disabili, di cui lei da anni si occupa”. Per questo ritengo che il mio ministero per vent’anni nella sanità abbia inciso. Ma non mi aspettavo nulla: lavoravo perché credevo fosse utile.

La sensibilità di Francesco verso quel mondo è stata probabilmente determinante».

E oggi quali rapporti ci sono con Bergoglio?

«Buoni! Ho avuto modo d’incontrarlo sia in momenti ufficiali con la Cei che in altre occasioni: prima

per una messa in Santa Marta, poi con la delegazione di Alba per consegnargli il tartufo, lo scorso anno. Ad agosto, infine, sono stato a Roma con i giovani. Papa Francesco ha ben presente l’Albese, ricorda in particolare il Dolcetto, ma è attento a tutto. Mi ha inviato un bellissimo messaggio per gli eventi organizzati in città per Giovanni Paolo II, firmato di suo pugno: è una persona con cui si riesce a dialogare bene».

Francesco è molto bene accolto dalla gente, ma pare abbia qualche opposizione all’interno.

«Il Papa sta vivendo momenti difficili e forse non è compreso. Di questo mi dispiaccio. Ma sa che

la comunità cattolica gli vuole bene e prega per lui. Riuscirà a reggere anche a questi passaggi particolari, che non fanno piacere».

A oltre due anni dal suo arrivo nella diocesi può tracciare un primo bilancio?

«Non conoscevo Alba. Ma sono molto contento di essere qui. Ho scoperto una diocesi ricca di storia,

esperienza, cultura, che ha dato alla Chiesa belle figure di testimonianza. Penso a quanto abbia significato il pensiero di monsignor Rossano per l’ecumenismo, quanto abbia dato alla teologia monsignor Bussi, quanto abbia fatto per la comunicazione il beato Alberione, che è partito da Alba per allargare la sua Famiglia paolina nel mondo. Penso all’impegno missionario di don Tablino in Africa e a tantissime altre figure quali il canonico Chiesa. Anche i sacerdoti albesi sono molto preparati. C’è, inoltre, una bella presenza dell’Azione cattolica, che rende la diocesi molto attiva rispetto ad altre del Piemonte. Certo, anche noi stiamo vivendo il problema del calo delle vocazioni: al momento abbiamo due seminaristi. E stiamo cambiando il nostro modo d’impostare la pastorale. Un’idea che è partita dal Sinodo albese di vent’anni fa,riunendo le parrocchie in unità pastorali, con un sacerdote ogni quattro o cinque paesi. Spero che i laici possano emergere e si crei un’autentica collaborazione

e compartecipazione nella gestione delle comunità. A questo proposito, ho di recente pubblicato una

lettera pastorale,Gesù cammina con noi, con la quale ho cercato di fornire le linee programmatiche per i prossimi anni, rifacendomi all’esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco».

Che cosa deve cambiare la Chiesa in rapporto alla nuova realtà?

«Uno dei temi che più mi stanno a cuore è quello dei discepoli missionari, di cui parla Bergoglio. È

una caratteristica dell’oggi: ognuno si deve sentire discepolo e missionario, portatore della Parola. Su questa strada ho inteso dare risalto ai media, alla comunicazione, ai social. Ci credo molto, perché in questo momento si comunica con le persone anche così. E i giovani si rapportano meglio a questo linguaggio».

Alba si distingue per la Cittadella della carità, un’opera della Caritas a cui lei ha dato impulso.

«Abbiamo un centro Caritas molto impegnato, dove accogliamo migranti, persone sole, senza lavoro

e fissa dimora. Qui forniamo ospitalità, docce e oltre 50 pasti al giorno. Abbiamo, poi, la Comunità

Marta e Maria, che si occupa di donne sole con bambini. E lo scorso anno abbiamo aperto l’Emporio della solidarietà Madre Teresa di Calcutta, che fornisce cibo a tantissime famiglie indigenti. Anche su questo fronte penso che la nostra diocesi, grazie all’ufficio Caritas e ai tanti volontari, sia molto impegnata».

Ha un progetto nel cassetto?

«Stiamo lavorando a una casa di accoglienza a Verduno per i familiari dei malati che saranno curati

nel nascente ospedale di Alba-Bra (la struttura aprirà nel 2019, nda). Abbiamo già individuato l’ex canonica di Rivalta, a tre chilometri dal nosocomio e – se riusciremo a trovare le necessarie collaborazioni intendiamo realizzarvi un nucleo per l’ospitalità di chi deve assistere i parenti e non ha possibilità di pagarsi l’albergo. Questo intende essere un segno di attenzione verso i malati e la struttura sanitaria».

Ma in diocesi si lavora anche su altri fronti.

«La catechesi, la pastorale giovanile. Bisogna infatti che la formazione diventi un tema prioritario sia

per i laici che per il clero. Anche qui utilizziamo lo stile sinodale. Mi piace ascoltare la gente e dare importanza agli organismi di partecipazione: il Consiglio presbiterale, il Consiglio pastorale diocesano. Lo scorso anno abbiamo fatto una bella assemblea a inizio anno, che abbiamo ripetuto il 21settembre: laici e sacerdoti hanno riflettuto insieme, iniziando il nuovo cammino dell’anno pastorale».

Quale senso intendono assumere le iniziative in corso per onorare la figura di san Giovanni Paolo

II a quarant’anni dalla sua elezione?

«Abbiamo costituito un comitato con numerosi rappresentanti della comunità civile ed ecclesiale: è stata una bellissima collaborazione. Con mostre, un concerto, convegni, incontri stiamo riflettendo sui temi, ancora molto attuali, più cari a san Giovanni Paolo II: la donna, i giovani, la pace. Lo scopo di queste iniziative è di mettere in evidenza la continuità di pensiero, pur con stili diversi, tra i pontefici. Nel magistero così profondo, ricco e forte di Francesco si può leggere l’evoluzione di quello di papa

Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Alcune iniziative e scelte di Bergoglio sono state possibili grazie all’opera dei suoi predecessori. Il mio intento è far capire che nella Chiesa c’è continuità nell’annuncio del Vangelo e non contrapposizione. Lo Spirito santo conduce la Chiesa con i pastori del tempo. Per tutti c’è, alla base, la grandissima esperienza del concilio Vaticano secondo».

Esiste anche da noi una società fatta di famiglie, giovani, persone che non sono vicine alla fede. Come si fa a raggiungerli?

«Dobbiamo essere davvero quella Chiesa “in uscita” di cui parla Francesco e trovare il modo di stare in mezzo alla gente, laddove le persone vivono, studiano, lavorano. Per le famiglie in crisi si sta istituendo ad Alba un centro di ascolto seguito da figure professionali adeguate. I giovani sono un’altra preoccupazione. Ora avremo il Sinodo, poi ci prepareremo alla Giornata mondiale della gioventù a Panama con il Papa».

Andrà con loro?

«Penso di sì, perché è un bel segnale. Ho anche lanciato l’idea di aggregare alla delegazione albese un giovane o due della missione di Marsabit, in Kenya. Vedremo se sarà possibile».

Insomma, la Chiesa “in uscita” lei la interpreta ogni giorno.

«Sì, passo le mattinate ad ascoltare tutti. Visito, incontro, sono in giro, con gli anziani, i disabili,

le comunità parrocchiali, i ragazzi ai campi scuola, all’ospedale. Dobbiamo incontrare la gente.

Le persone l’apprezzano. Talvolta non conta dire molto, ma condividere, partecipare, incoraggiare.

È uno dei nostri compiti più importanti. Mi sforzo, ovviamente, di incontrare anche i preti. Non mi piace convocarli, preferisco andarli a trovare. Amo creare uno stile di famiglia, personale, caldo».

Alba esprime dicotomie in molti campi. È una terra eccellente, ricca, ma segnala sacche

Di povertà sia in campo economico che culturale. Esiste poi un problema che si sta evidenziando:

la produttività elevata, senza le opportune attenzioni, potrebbe incidere sull’ambiente comune,

su quel creato che papa Francesco ci invita a tutelare. Che ne pensa?

«Le risorse e le potenzialità di Alba sono molteplici. Per questo deve mantenere un tenore elevato. È una grande responsabilità: non bisogna scivolare troppo sul terreno enogastronomico. Bisogna nutrire la qualità della vita con la cultura, il rispetto della natura, la cura delle persone. Avendo ricevuto molto, dobbiamo dare molto. La città deve restare aperta e accogliente, capace di condividere,uscendo dalla logica egoistica e mettendo in circolazione quanto ha».

Che cosa succede al nostro Paese in tema d’immigrazione? Che cosa pensa delle dichiarazioni

di certi politici?

«Mi preoccupano. E spero che Alba mantenga il clima di apertura che la caratterizza. Nell’impossibilità di accogliere i migranti della nave Diciotti (la diocesi ne ha fatto richiesta, ma

le persone erano già state tutte destinate, nda) penso a un altro gesto di solidarietà concreta in questo campo. Anche se in Langa l’immigrazione mi pare non sia così problematica come in alcune

diocesi vicine, alla Caritas siamo molto attenti a chi non ha tutela, a chi non sa davvero dove andare, ai più poveri tra i poveri».

Tante iniziative per onorare la memoria di san Giovanni Paolo II

Con una mostra su Giovanni Paolo II, allestita nella chiesa di San Giuseppe, ad Alba, e il concerto di Tosca si sono avviate a settembre le iniziative della diocesi e del Comune per celebrare i quarant’anni dall’elezione di san Giovanni Paolo II. Al Papa polacco sarà dedicato un medaglione in bronzo e intitolata una piazza. Il 13 ottobre si terrà un importante convegno, con testimonianze di padre Federico Lombardi,

Lucetta Scaraffia, Luigi Accattoli e Giancarlo Giuliani. A seguire, l’esposizione in cattedrale della reliquia di san Giovanni Paolo II e la messa presieduta da monsignor Nosiglia. Fino a novembre, diversi incontri con Armando Matteo, Stefano Zamagni, don Vinicio Albanesi e Andrea Riccardi. Infine, il settimanale Gazzetta d’Alba ha proposto agli studenti delle superiori di Alba e Bra il bando “Racconta Giovanni Paolo II”.