La festa di San Lorenzo in cattedrale

ALBA Nelle notti di san Lorenzo, stelle cadenti dal cielo e scintille dalla terra, dal fuoco che consuma, alimentato dalla carità, dal sacrificio del santo patrono di Alba e della diocesi. In ambedue i casi si tratta di luci come quelle dal cielo che guidarono i Magi verso Betlemme o del dono di carità e del sacrificio di un giovane martire, il più amato di Roma: Lorenzo.

Martire significa testimone della luce che è Cristo. Da immemorabile tempo, fin dalle sue origini, l’antica diocesi albese (V-VI sec.) ha assegnato il titolo della sua cattedrale al diacono san Lorenzo. Questo prova la vetustà e l’autorità che la Chiesa albese ha vantato da sempre (assegnare la titolarità a un santo martire così antico e importante è prerogativa delle sedi di più antica fondazione). Anche nei vari documenti medievali albesi sono citate funzioni religiose e azioni civili nella «chiesa di San Lorenzo» o «sotto le volte di San Lorenzo diacono e martire». Ma chi era il nostro san Lorenzo? I particolari della vicenda laurenziana sono noti e si mescolano come leggenda e verità storica, ambedue utili a comprendere la portata e il significato cristiano del santo personaggio. Siamo nel periodo della grande persecuzione promossa dall’imperatore Valeriano (III sec.) che intendeva colpire radicalmente i responsabili della Chiesa. Lorenzo, diacono della Chiesa di Roma a servizio di papa Sisto II (257-258), condotto al martirio, riceve l’intimazione del prefetto Cornelio Secolare di consegnare i “tesori della Chiesa”. Lorenzo distribuisce il ricavato della vendita dei beni ai poveri e presenta questi al prefetto quali autentici tesori della Chiesa di Cristo. Viene condannato al martirio con il supplizio della graticola (che rimane tra i segni distintivi di riconoscimento iconografico del santo).

Certamente alcuni particolari furono arricchiti da subito da tratti leggendari, peraltro significativi per comprenderne la portata spirituale ed ecclesiale, come accadde anche per altri martiri e santi.

Sulla base del rescritto dell’imperatore Valeriano si ordinava l’immediata esecuzione capitale dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi, senza la presenza di tortura previa, cosa che accadeva in altre epoche (ad esempio, sotto Decio e Diocleziano). Papa Sisto II fu infatti immediatamente ucciso il 6 agosto del 258. Nulla toglie alla gloria del martire se ragioni storiche fanno ritenere meno certa la fine sulla graticola. Anche l’origine spagnola di san Lorenzo è da ritenersi leggendaria.

Documenti inoppugnabili attestano che il nostro fu martirizzato il 10 agosto del 258 sulla via Tiburtina. Il cimitero prese poi il nome di San Lorenzo. Sul suo sepolcro Costantino (IV sec.) fece costruire la grandiosa basilica in agrum veranum; un’altra basilica sotterranea fu edificata da papa Pelagio II (579-590) per permettere di avvicinarsi il più possibile al corpo di san Lorenzo.

Subito il suo culto fu di vasta portata in Roma e nella cristianità e furono edificate numerosissime chiese in suo onore; dal sec. V e durante il Medioevo, non ci fu diocesi o città che non avesse una chiesa dedicata al martire romano. Nella sola diocesi di Milano ve ne furono fino a 47. La sua festa veniva in ordine di importanza subito dopo quella degli apostoli Pietro e Paolo, considerato così degno riscontro del diacono santo Stefano. Di lui scriveranno san Leone Magno, sant’Agostino e sant’Ambrogio.

Nell’iconografia san Lorenzo appare come giovane diacono, con ampia tonsura e con segni più frequenti quali la croce, il libro dei Salmi, la graticola e, più tardi, la borsa del tesoro distribuito ai poveri, a volte in compagnia dei suoi “amici”, papa Sisto, il carceriere Ippolito e i diaconi Ciriaco e Stefano.

don Lorenzo Costamagna

 

I simboli dei quattro evangelisti formano il nome di Alba

Nel duomo di Alba è conservata la reliquia (osso) del nostro san Lorenzo, custodita in una preziosa teca d’argento raffigurante il santo con graticola. Questa sarà portata in processione il 10 di agosto. Altre rappresentazioni sono presenti sulle pareti laterali dell’abside della cattedrale: 4 pitture monocrome, eseguite nel 1871 dal valtellinese Cherubino Luigi Hartmann, raccontano la vita di san Lorenzo. Al centro dell’abside è collocata poi la grande pala raffigurante la gloria di san Lorenzo martire, del pittore torinese Claudio Francesco Beaumont, realizzata nel 1766 su commissione del vescovo Enrichetto Virginio Natta (diventato cardinale). Quest’opera barocca ha sostituito la pala precedente dipinta dal cremonese Giulio Campi nel 1566 su committenza del vescovo Gerolamo Vida. L’opera è visibile nella settecentesca aula capitolare.

Anche altre opere nella cattedrale presentano la figura del nostro patrono, ma è sulla facciata della chiesa (foto)

che il santo campeggia al centro, con la statua eseguita nel 1878 dallo scultore Luigi Cocchio, con ai lati i simboli degli evangelisti: angelo, leone, bue e aquila (le cui iniziali formano il nome della città Alba) eseguiti da Carlo Dusio sempre nel 1878. Così il nostro san Lorenzo è posto tra il Vangelo che ha accolto e vissuto fino alla testimonianza (martirio) della carità e del sangue con la sua vita e il suo sacrificio: scintilla dal basso tra le stelle che scendono. Luci.

l.c.

 

Alba-Torino-Roma all’insegna della fede e della condivisione

Alcuni ragazzi albesi si uniranno ad altri di tutto il Piemonte per la veglia con il Papa

“X mille strade… siamo qui!” è il titolo che accompagna i giovani della Chiesa italiana nel loro cammino verso il Sinodo dei vescovi dal tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Per mille strade perché l’evento italiano che coinvolgerà i giovani l’11 e 12 agosto a Roma nella celebrazione della veglia di preghiera per il Sinodo, desidera mettere al centro il cammino che le diverse diocesi vivranno nei giorni precedenti.

Non si tratta di omologazione o di dispersione, bensì di dare voce e volto alle diverse comunità ecclesiali della nostra Italia, percorsa da mille strade, ognuna con paesaggi, storie, tradizioni e culture diverse; potremo essere tutti insieme a Roma solo se prima avremo camminato lungo i sentieri della nostra terra, nei luoghi che fanno la nostra vita quotidiana; infatti, desideriamo vivere l’incontro nazionale avendo cura per ciò che è originale, personale, poiché solo nell’ascolto singolare e non generico si può intercettare la vita dei giovani lungo i sentieri della loro vita.

E questo può accadere non perché desideriamo tirarli fuori dai contesti della loro esistenza, bensì annunciando quanto il Vangelo di Gesù possa innestarsi su quelle mille strade così diverse fra loro, dando a ognuna una forma bella e originale. L’ascolto di cui si è tanto parlato in questi mesi precedenti il Sinodo chiede di essere preso sul serio fino in fondo: a Roma porteremo le nostre storie, inquietudini, dubbi, fatiche, riconoscendo come essi appartengano anche al giovane che mi sta accanto benché in forme e modalità diverse.

Quello che ci sta a cuore è vivere un’esperienza ecclesiale che ci faccia sentire fratelli e sorelle di un’unica Chiesa, senza però che questo significhi omologazione o banalizzazione delle questioni fondamentali della vita dei giovani.

La nostra diocesi proseguirà questo cammino (inaugurato sabato 19 maggio con il pellegrinaggio e la veglia di Pentecoste), venerdì 10 agosto nella solennità del santo patrono Lorenzo, celebrata e presieduta dal vescovo alle ore 10.30 in cattedrale, in cui verrà ordinato diacono l’accolito Mario Merotta che parteciperà con noi all’evento.

Dopo l’Eucaristia vivremo un momento di fraternità diocesana con il pranzo all’oratorio del duomo per poi partire verso Torino dove raggiungeremo i giovani della regione pastorale di Piemonte e Valle d’Aosta; con loro ci uniremo alla Messa e alla cena presso la basilica di Maria ausiliatrice. Dopo vivremo il momento di venerazione della Sindone, scelta come simbolo dell’evento poiché riprende la figura di Giovanni, il discepolo amato di cui, nel brano di Gv 20, 3-10, si narra che corresse insieme a Pietro al sepolcro e che vedendo i teli posati in un luogo a parte e il sudario, esprimesse la sua professione di fede.

Nella notte viaggeremo verso Roma e nella giornata di sabato ci uniremo a tutti i giovani italiani per celebrare insieme a papa Francesco e ai nostri vescovi la veglia del Sinodo sui giovani.

Dopo una pausa per la cena, inizierà un concerto con grandi artisti italiani, un paio d’ore di festa e divertimento per tutti. Da mezzanotte, vivremo la notte bianca del Sinodo: verranno aperte le chiese di Roma tra il Circo massimo e San Pietro dove ci si potrà fermare per la preghiera, le confessioni, per ascoltare delle testimonianze ecc.

La domenica concluderemo il nostro incontro in piazza San Pietro con l’Eucaristia presieduta dal Papa e l’Angelus, al cui termine faremo ritorno a casa.

Chiediamo a tutti di accompagnarci con la preghiera, affinché la rappresentanza della nostra diocesi possa essere segno buono di quei giovani di cui la Chiesa del nostro tempo ha tanto bisogno per ringiovanire il proprio volto.

don Andrea Chiesa

 

Un’App per camminare con loro

 

«L’amore lascia il segno» è il cammino dei giovani piemontesi che partiranno dalle loro case, attraversando strade, paesi e città dei loro territori per venerare insieme, il 10 agosto 2018, la Sindone di Torino e poi giungere all’incontro nazionale con il Papa a Roma, dell’11 e 12 agosto, verso il Sinodo dei vescovi sui giovani. “You with us!” è l’App preparata dalla Pastorale giovanile regionale delle diocesi di Piemonte e Valle D’Aosta per accompagnare i giovani non solo nei giorni di cammino, ma anche nella preparazione dei pellegrinaggi e poi… nei sentieri quotidiani della vita! Sei sono le sezioni principali, che si rinnovano di continuo: la Sindone, i cammini, la preghiera, le proposte delle diocesi, gli eventi e le news. Attraverso la community e l’area media, ciascuno potrà condividere le proprie esperienze e allargare l’orizzonte degli amici! Già disponibile su Google Play e Apple Store. Questo l’invito: «You with us, cammina anche tu con noi!».

a.c.

 

Nel benevellese Maggiorino un bell’esempio per i giovani

Cento anni fa, precisamente il 27 luglio 1918, partiva per l’eternità, a soli 14 anni, l’aspirante paolino Maggiorino Vigolungo, nato a Benevello. Ecco un passaggio dell’autorevole testimonianza di don Giacomo Alberione: «Il Signore ha condotto alla Famiglia paolina molte anime belle, generose, fedelissime. Tra esse ricordiamo il primo fiore che venne molto presto trapiantato in cielo: Vigolungo Maggiorino. Egli può essere considerato, per quanto umanamente si può conoscere, il Savio Domenico della Famiglia paolina. Soprattutto: una luce interiore nel conoscere e amare il Signore, un donarsi generosamente in tutti i suoi doveri, una grande delicatezza di coscienza, una visione chiara dell’apostolato della buona stampa» (Ups III, 277).

La vita di Maggiorino, nella sua semplicità, è piena di segni di Dio. Non basta, però, considerare la sua persona situandola solamente nel passato. Bisogna anche approfondire che cosa ci dice oggi il suo esempio di vita, e non solo ai membri della Famiglia paolina, ma a tutta la Chiesa e particolarmente ai giovani che cercano di abbracciare un orizzonte di vita radicato nel Vangelo. In questo senso, possiamo evidenziare due aspetti, facendo una lettura aggiornata in prospettiva vocazionale.

Il primo si riferisce all’importanza di trovare un ideale di vita. Infatti, «pareva che egli non sentisse più le altre cose. Le molteplici sue energie erano incanalate tutte verso il suo ideale; come le varie acque che discendono qua e là da due versanti, si radunano a valle per scorrere poi tutte come un gran fiume verso il mare» (G. Alberione, Mvi, 35). Il secondo aspetto, collegato al primo, è il suo desiderio di essere santo. Maggiorino, nonostante l’età, aveva capito che è possibile santificarsi per mezzo di una vita unita a Cristo e dedicata all’evangelizzazione con la stampa. Come testimonia don Alberione, «Maggiorino ripeteva spesso: “Voglio farmi santo”», e poi aggiunge: «Ma il suo programma di santificazione non era affatto strano: anzi bene equilibrato, positivo, chiaro, pratico» (Mvi, 61).

Di tempo ne è passato. Il mondo si è evoluto e il nostro apostolato, sotto l’orientamento del fondatore, ha allargato l’ambito di azione. La realtà in cui viviamo ci conduce a chiedere allo Spirito che cosa attende da noi in questo momento, nell’attuale cultura della comunicazione, segnata dai mezzi tecnici e dalle reti digitali.

Il ricordo di Maggiorino Vigolungo, oltre a diffondere la sua vita e il suo ideale di santità, ci aiuti a essere veri «continuatori della missione di Gesù, il Maestro, secondo il dinamismo missionario di san Paolo e la passione apostolica di don Alberione» (Linee editoriali, 2018, 7.3).

don Valdir José De Castro,

superiore generale Ssp