Presentata ad Altavilla la lettera pastorale “Gesù cammina con noi”

ALTAVILLA Oggi, martedì 13 marzo, secondo anniversario dell’ordinazione episcopale di monsignor Marco Brunetti a vescovo di Alba, ad Altavilla, nell’incontro quaresimale con i sacerdoti, è stata presentata Gesù cammina con noi, la prima lettera pastorale del vescovo, rivolta alla diocesi ma anche a tutti gli uomini di buona volontà. Un percorso che nasce dal Sinodo di 20 anni fa e che su sollecitazione di papa Francesco diventa invito a farsi “Chiesa in uscita”.

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Attraverso la riflessione sull’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus, Marco Brunetti dà indicazioni concrete sul rinnovamento della Chiesa locale e sui luoghi privilegiati dell’azione pastorale: dalla formazione degli adulti all’attenzione verso i giovani. Un messaggio di speranza, un invito a vincere l’accidia e a proiettarci nel futuro, certi che “Gesù cammina con noi”.

La sintesi di don Claudio Carena

Gesù cammina con noi è il titolo della lettera pastorale di monsignor Marco Brunetti, vescovo di Alba, pubblicata il 13 marzo, nel secondo anniversario della sua ordinazione episcopale e dell’inizio del suo ministero in diocesi.

Una lettera indirizzata non solo ai «fedeli tutti dell’amata Chiesa che è in Alba», ma anche ai «fratelli e sorelle di altre confessioni cristiane o appartenenti ad altre fedi» e a tutte le «persone di buona volontà, credenti e non credenti».

Già il titolo della lettera evoca uno dei riferimenti costanti della riflessione del vescovo: il Sinodo diocesano – dal greco “cammino insieme” – e il Libro sinodale a «20 anni dalla sua pubblicazione».

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Ad ispirare il testo, il brano evangelico dei discepoli di Emmaus (Luca 24,13-35).

Sullo sfondo del documento, tra i riferimenti magisteriali più significativi, oltre al citato Libro sinodale, c’è l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii gaudium, in obbedienza a una precisa consegna dello stesso Pontefice al convegno ecclesiale di Firenze: «Permettetemi solo di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni, soprattutto sulle tre o quattro priorità che avete individuato in questo convegno».

La lettera pastorale è corredata da immagini tratte dal ciclo pittorico sui discepoli di Emmaus del pittore francese Arcabas.

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Incorniciata da una breve introduzione – in cui il vescovo evidenzia il «passato veramente ammirevole» di «una Chiesa ricca di storia» e un presente trapunto di «tanti talenti e doni» insieme agli “affanni” e alle “difficoltà” di «un importante momento di passaggio», «vero e proprio esodo verso una nuova forma di Chiesa» – e da una conclusiva preghiera di affidamento alla Madre del buon consiglio, la lettera pastorale si articola in tre parti.

1) La parte biblico-teologica di presentazione e di commento del brano dei discepoli di Emmaus con l’evidenziazione dei temi del cammino – a volte connotato da «stanchezza e demotivazione»; dalla «tristezza, che papa Francesco definisce accidia pastorale» per cui «molti hanno l’impressione di correre senza meta, di riempirsi di cose che risultano vuote», ma confortato da una certezza incrollabile: «Gesù cammina con noi!» – della Parola, dell’Eucaristia e della missione, che caratterizzano una «Chiesa in uscita, con le porte aperte», capace di evitare «la malattia spirituale dell’autoreferenzialità»; che «non si chiude in sé stessa», ma prende l’iniziativa di «andare incontro ai lontani», di «intercettare ai crocicchi delle strade gli esclusi», di «accorciare le distanze con la gente».

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2) Nella seconda parte della lettera, il vescovo offre «indicazioni pastorali, orientamenti e norme per la nostra Chiesa diocesana». Convinto della necessità di un «improrogabile rinnovamento ecclesiale» che il concilio Vaticano II ha presentato nei termini di “conversione” e che papa Francesco ha riverberato «con accorata passione e accenti profetici», monsignor Brunetti, prende in considerazione la parrocchia – «Chiesa tra le case, fontana del villaggio, punto di riferimento territoriale della pastorale diocesana, centro di comunione e di costante invio missionario» –, l’unità pastorale  – «comunità di comunità, palestra di collaborazione e di corresponsabilità nella pastorale d’insieme» – e la vicaria – «articolazione pastorale di zona, anello di congiunzione tra parrocchie, unità pastorali e diocesi» – indicando, per tutte e per ognuna delle realtà ecclesiali  considerate, disposizioni precise e orientamenti concreti.

3) Nella terza parte, il vescovo propone alcuni «percorsi di Chiesa in cammino con Gesù per il futuro»: l’individuazione di «luoghi privilegiati» per incrementare la «vita spirituale»; «il primato della formazione degli adulti, per far crescere la corresponsabilità»; l’incremento dei «gruppi di Vangelo o biblici» nelle famiglie; l’attenzione «privilegiata per i giovani»; la valorizzazione della «scuola teologica interdiocesana di Fossano» come «polo formativo» a servizio delle Chiese cuneesi; l’istituzione di «veri e propri laboratori ecclesiali in forma di equipe»…  Priorità pastorali declinate sull’onda lunga dei cinque verbi che hanno caratterizzato il convegno ecclesiale di Firenze: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare.

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Un passaggio suggestivo del testo di monsignor Brunetti può essere assunto come cifra riassuntiva di tutta la lettera pastorale. Si tratta dell’evocazione di un «apologo orientale di un autore per altro controverso»: «Un vecchio pellegrino percorreva nel cuore dell’inverno il cammino che porta alle montagne dell’Himalaya, quando cominciò a piovere. Il custode della locanda gli disse: “Come farai, buon uomo, ad arrivare fin lassù con questo tempaccio?”. Il vecchio rispose allegramente: “Il mio cuore è già arrivato, seguirlo è facile per l’altra parte di me”» (A. De Mello, La preghiera della rana, 1). «L’invito rivolto a tutta la nostra santa Chiesa albese e a ciascuno dei suoi membri», scrive il vescovo, «è quello di “gettare il cuore in avanti” per abbracciare il cammino che ci attende con le sue fatiche e le sue consolazioni… Se il nostro cuore è già arrivato, seguirlo sarà facile con l’altra parte di noi!».

don Claudio Carena, vicario episcopale per la pastorale e la formazione

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